Questo qui di seguito è un mio commento all'articolo di Luca Martinelli apparso oggi su Il Manifesto e che ho ritenuto opportuno riportare nel nostro blog anzichè sotto al post facebook dove lo ha condiviso, causa lunghezza.
Luca posso dire di conoscerlo un pò di persona. l'ho incontrato in un paio di occasioni, a Benevento a parlare di acqua pubblica, poi in occasione di una fiera di "Fà la cosa giusta", oltre che de visu abbiamo scambiato qualche battuta sui social e, cosa che credo altrettanto importante, l'ho apprezzato nei suoi libri sul consumo di suolo e sul tema dell'acqua oltre che per il suo costante impegno giornalistico, anche di inchiesta, sulle tematiche ambientali.
Non andrebbero messi in primo piano gli indicatori biofisici in forte sofferenza come il tasso di alterazione di stato dei suoli, dei cicli chimici naturali (azoto, fosforo), di dispersione di inquinanti sintetici (pesticidi, diserbanti, fanghi, rifiuti, emissioni e scarichi domestici ed industriali), di emissione di climalteranti, di riduzione di habitat e di ecosistemi (biodiversità) ed altro ancora in prossimità dei tipping points come evidenziato con urgenza dagli scienziati ? Non sono queste sostanzialmente le variabili indipendenti di una transizione ecologica ?
Si parla di strumenti ma mai esplicitamente degli obiettivi ecologici misurabili, di un piano altrettanto esplicito, e che sarebbe anche ben finanziato (forse è anche questo un dettaglio da non trascurare, per la chiave di lettura).
Eppure gli ecologi, gli scienziati per eccellenza che dovrebbero supervisionare una transizione ecologica, avrebbero il know how per farlo, ma noi abbiamo un tecnologo a decidere ed associazioni allineate ad essere consultate.
Cosa comporta ed a cosa è dovuto questo approccio che inverte gli strumenti con gli obiettivi ? Di fatto si rifugge dalla complessità di tenere insieme gli indicatori della biosfera in crisi che sono maledettamente intrecciati e correlati tra loro, inoltre quegli stessi strumenti individuati e ripetutamente menzionati dagli attori di cui sopra giocano purtroppo un ruolo importante a loro volta con la loro stessa impronta ecologica misurata lungo tutto il ciclo di vita. Del resto perchè anche laddove ci sono presunte forti coscienze ecologiche (es. Paesi del Nord Europa), ed in cui molte di quelle soluzioni sono avanti, le impronte sono da 2,3,4 pianeti e perchè proliferano i report (ce ne sono anche di istituzionali, ormai) che mettono in discussione e negano la fattibilità delle crescite verdi ?
Un inciso: ho notato che al più nel mainstream (ministeri, stampa di grande diffusione, associazioni ambientaliste prese in considerazione per consulenze) si accenna ai climalteranti (alla CO2) - che si evitano con l'uso o adozione (non lungo tutto il ciclo di vita) di una determinata trecnologia - prestandosi questi ultimi forse meglio al gioco della verniciata verde da fonti rinnovabili, il replacement WWS (Wind, Water, Solar) a saldi di produzione ed utilizzo energetico invariati in una situazione in cui anche ad energia ecologicamente gratis la biosfera comunque collasserebbe.
Resta il favore comunicativo dell'accettabilità della maggioranza, provando ad illuderci con l'efficacia di cambiamenti tutto sommato in linea col business as usual in cui si invocano miracoli tecnologici ed in cui il tema della crescita dei consumi, elefante nella stanza, resta un tabù. D'altronde finanziare con centinaia di miliardi un PNRR, in un contesto votato alla crescita, può avere pochi margini di scelta in quanto a scenari possibili di sbocco e quello più probabile resta quello che in tanti esperti, anche nel passato, hanno considerato lastricato d'oro ma nella direzione sbagliata.
Un refrain che infatti è quasi cinquantennale, ma con il non trascurabile dettaglio di trovarci ora in uno stato della biosfera complessivamente ai limiti, come riconosciuto dagli ecologi.
Limiti planetari al 2015 di Rockstrom, Steffen et al |
Francesco P.
PS. Da campano non mi è sfuggito questo par. del PNRR di Legambiente. Ancora energia da rifiuti, ancora riferimenti a bioenergie. Ma come si può parlare di circolarità, così ?
"Transizione energetica.
In Campania si produce il 44% di elettricità da rinnovabili.
Affinché si realizzino gli obiettivi del primo PEAR (Programma Energetico Ambientale Regionale) c’è bisogno di risorse adeguate,altrimenti si trasformerebbe in un libro dei sogni. La transizione energetica campana passa attraverso più settori: per le bioenergie a partire da rifiuti, agricoltura e zootecnia attraverso impianti di digestione anaerobica per produrre biometano e compost di qualità; [...] per le aree interne [...] promuovendo la realizzazione di progetti di agrivoltaico per incentivare lo sviluppo locale attraverso la multifunzionalità dell’agricoltura. [...]"