venerdì 8 giugno 2018

Raddoppiano... e noi ?


Lo scorso mese di dicembre è apparso sul sito istituzionale del comune di S.Salvatore Telesino il progetto definitivo dell'ANAS per il raddoppio della Caianello-Benevento (SS372 - Telesina), con l'elenco degli espropri.

Sessanta ettari da impegnare - oltre all’abbattimento di alcune abitazioni - per la sola tratta relativa al primo lotto di lavori, che dovrebbe andare da S.Salvatore a Benevento e per cui S.Salvatore di fatto ospiterà il cantiere principale.

Un’opera fortemente impattante, sia in fase di realizzazione che in fase di esercizio, sulla vita dei cittadini e sul  territorio, approvata senza nessuna forma di coinvolgimento delle comunità locali.

A fronte di sicure negatività non sono nemmeno reperibili analisi e stime del traffico su gomma che si vuole servire, né valutazioni sulla sovrapposizione, di fatto, fra la Telesina - che si dichiara essere una bretella fondamentale di collegamento fra Roma e Bari - ed il TAV Roma-Napoli-Bari.

Nessuno degli amministratori locali che abbia sentito il bisogno di spiegare perché si sia scelto di accettare questa nuova opera senza alcuna considerazione delle reali necessità dei territori coinvolti. Nel caso specifico di S.Salvatore il Sindaco ha ripetutamente ignorato le nostre tante richieste protocollate relative alla pianificazione del territorio comunale.
Per non parlare dei vecchi e nuovi candidati.

Ciò conferma che siamo costretti a subire le priorità, la visione e l'agenda dettate dagli appetiti dei costruttori, come dimostrato dalla molto mediatica e clamorosa accoglienza riservata all'ANCE (Ass,ne Naz,le Costruttori Edili) e a Confindustria

Se il traffico su gomma aumenterà realmente come auspicato dai proponenti, e soprattutto se al servizio di una prospettiva industriale del territorio, le ripercussioni in termini di inquinamento, per una valle come la nostra, potrebbero diventare realmente serie ed irreversibili, in primo luogo per la salute e poi per le ricadute negative sulle produzioni agricole.

E’ noto, d'altronde, che le grandi infrastrutture sottraggono valore laddove si voglia perseguire quell’economia, che a parole tutti auspicano, fatta di produzioni locali credibili ed accessibili a tutti, fatta di fruizione del paesaggio e di turismo responsabile, salvo procedere nei fatti in direzione opposta, col rischio, concreto, di aggiungere le nostre valli alle tante altre aree metropolitane e periferiche già presenti ovunque.

Eppure, nessuno si ribella e chiede conto delle scelte effettuate sulle nostre teste.

Tutto ciò mentre abbonda la  retorica sull’eccellenza delle nostre produzioni e su quanto valga la nostra terra e sul diritto a fruire di cibo, terra, aria, acqua sani.

D’altra parte lo stato in cui versa l’agricoltura è molto critico  (come  in gran parte dell’Italia ),  per esempio, l’uva si raccoglie per svenderla a 20 centesimi al kilo e ciò spiega anche l’atteggiamento  dei proprietari che non si ribellano agli   espropri dei loro terreni per una strada, un binario, una pala eolica o una trivellazione.

Anche partiti, sindacati, amministrazioni, associazioni di categoria tacciono senza neanche indignarsi per una violenza simile, rinunciando nei fatti ad esercitare quel ruolo di rappresentanza, difesa del territorio e delle sue specificità che mai mancano di rivendicare come proprio....Nel frattempo disponibili a subire disagi per i prossimi (cinque ? dieci ?) anni, a sopportare  ruspe, camion, sconvolgimenti territoriali per l’esecuzione dei lavori, spesso dati in subappalto a ditte legate  a famiglie mafiose, come già verificatosi in passato per opere simili.

Uno scempio che si consuma nella diffusa e malcelata convinzione che gli eventuali vantaggi futuri di grandi opere, come il raddoppio della Telesina o l’alta velocità ferroviaria,  ci ripagheranno della terra sventrata, delle case abbattute, dei vigneti distrutti, sostituiti  da capannoni sospetti e sommersi dalle polveri inquinanti prodotte dall'aumento del traffico.

Come se non bastasse tutto ciò che il Sannio già subisce quotidianamente con discariche, impiantistica dedicata a rifiuti speciali, eolico, perforazioni per la ricerca di gas e petroli, innumerevoli ed estese zone industriali, terre di nessuno e dense di tanti piccoli impianti a volte molto pericolosi.

Nella attuale impossibilità di relazionarci con istituzioni che finora hanno disatteso qualsiasi istanza di dialogo, ci chiediamo se anche "il silenzio del territorio", anche di chi lavora per riqualificare l’agricoltura, il turismo, la vivibilità, debba interpretarsi come rassegnazione alla trasformazione  di queste terre in una piattaforma logistica per servire interessi di pochi.

O si può ancora pensare, pretendere un futuro diverso, e riprendersi il diritto di decidere senza delegare?