Lo scorso mese di dicembre è apparso sul sito
istituzionale del comune di S.Salvatore Telesino il progetto definitivo
dell'ANAS per il raddoppio della Caianello-Benevento (SS372 - Telesina), con
l'elenco degli espropri.
Sessanta ettari da impegnare - oltre
all’abbattimento di alcune abitazioni - per la sola tratta relativa al primo
lotto di lavori, che dovrebbe andare da S.Salvatore a Benevento e per cui
S.Salvatore di fatto ospiterà il cantiere principale.
Un’opera fortemente impattante, sia in fase di
realizzazione che in fase di esercizio, sulla vita dei cittadini e sul territorio, approvata senza nessuna forma di
coinvolgimento delle comunità locali.
A fronte di sicure negatività non sono nemmeno
reperibili analisi e stime del traffico su gomma che si vuole servire, né
valutazioni sulla sovrapposizione, di fatto, fra la Telesina - che si dichiara
essere una bretella fondamentale di collegamento fra Roma e Bari - ed il TAV
Roma-Napoli-Bari.
Nessuno degli amministratori locali che abbia
sentito il bisogno di spiegare perché si sia scelto di accettare questa
nuova opera senza alcuna considerazione delle reali necessità dei territori
coinvolti. Nel caso specifico di S.Salvatore il Sindaco ha ripetutamente
ignorato le nostre tante richieste protocollate relative alla pianificazione
del territorio comunale.
Per non parlare dei vecchi e nuovi candidati.
Per non parlare dei vecchi e nuovi candidati.
Ciò conferma che siamo costretti a subire le
priorità, la visione e l'agenda dettate dagli appetiti dei costruttori, come
dimostrato dalla molto mediatica e clamorosa accoglienza riservata all'ANCE
(Ass,ne Naz,le Costruttori Edili) e a Confindustria
Se il traffico su gomma aumenterà realmente come auspicato dai proponenti, e soprattutto se al servizio di una prospettiva industriale del territorio, le ripercussioni in termini di inquinamento, per
una valle come la nostra, potrebbero diventare realmente serie ed
irreversibili, in primo luogo per la salute e poi per le ricadute negative sulle produzioni
agricole.
E’ noto, d'altronde, che le grandi infrastrutture
sottraggono valore laddove si voglia perseguire quell’economia, che a parole
tutti auspicano, fatta di produzioni locali credibili ed accessibili a tutti, fatta di fruizione del paesaggio e di turismo
responsabile, salvo procedere nei fatti in direzione opposta, col rischio,
concreto, di aggiungere le nostre valli alle tante altre aree metropolitane e
periferiche già presenti ovunque.
Eppure, nessuno si ribella e chiede conto
delle scelte effettuate sulle nostre teste.
Tutto ciò mentre abbonda la retorica sull’eccellenza delle nostre
produzioni e su quanto valga la nostra terra e sul diritto a fruire di cibo,
terra, aria, acqua sani.
D’altra parte lo stato in cui versa
l’agricoltura è molto critico (come in gran parte dell’Italia ), per esempio, l’uva si raccoglie per svenderla
a 20 centesimi al kilo e ciò spiega anche l’atteggiamento dei proprietari che non si ribellano
agli espropri dei loro terreni per una
strada, un binario, una pala eolica o una trivellazione.
Anche partiti, sindacati, amministrazioni,
associazioni di categoria tacciono senza neanche indignarsi per una violenza
simile, rinunciando nei fatti ad esercitare quel ruolo di rappresentanza,
difesa del territorio e delle sue specificità che mai mancano di rivendicare
come proprio....Nel frattempo disponibili a subire disagi per i prossimi
(cinque ? dieci ?) anni, a sopportare
ruspe, camion, sconvolgimenti territoriali per l’esecuzione dei lavori,
spesso dati in subappalto a ditte legate
a famiglie mafiose, come già verificatosi in passato per opere simili.
Uno scempio che si consuma nella diffusa e
malcelata convinzione che gli eventuali vantaggi futuri di grandi opere, come
il raddoppio della Telesina o l’alta velocità ferroviaria, ci ripagheranno della terra sventrata, delle
case abbattute, dei vigneti distrutti, sostituiti da capannoni sospetti e sommersi dalle polveri
inquinanti prodotte dall'aumento del traffico.
Come se non bastasse tutto ciò che il Sannio
già subisce quotidianamente con
discariche, impiantistica dedicata a rifiuti speciali, eolico, perforazioni per
la ricerca di gas e petroli, innumerevoli ed estese zone industriali, terre di
nessuno e dense di tanti piccoli impianti a volte molto pericolosi.
Nella attuale impossibilità di relazionarci
con istituzioni che finora hanno disatteso qualsiasi istanza di dialogo, ci
chiediamo se anche "il
silenzio del territorio", anche di chi lavora per riqualificare
l’agricoltura, il turismo, la vivibilità, debba interpretarsi come
rassegnazione alla trasformazione di
queste terre in una piattaforma logistica per servire interessi di pochi.
O si può ancora pensare, pretendere un futuro
diverso, e riprendersi il diritto di decidere senza delegare?
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