lunedì 15 febbraio 2021

Prevenzione rifiuti vs bioplastiche da tecno-ministro

Alcuni esperti incaricati dall'associazione dei comuni virtuosi (ACV) hanno presentato un documento di proposte articolate per la riduzione dei rifiuti.
La riduzione può essere una questione di come, un pò meno di quando, sicuramente non di se. 

Intanto abbiamo un superministro della transizione ecologica entusiasta delle tecnologie bio-usa-e-getta e questo è un fatto, ha dei brevetti in materia.
Poi vediamo se si vogliono spendere centinaia di miliardi per far decrescere i consumi di materia ed energia anche con il contributo di un piano di prevenzione rifiuti. Ne dubito.

Un estratto dal documento di sintesi dell' ACV:
"Tra i principali obiettivi che le politiche nazionali e regionali in materia di prevenzione dei rifiuti dovrebbero perseguire, coerentemente con quanto previsto dal citato art. 180 del D.lgs 152/2006 e più in generale con il “nuovo” paradigma dell’economia circolare, si evidenziano in particolare:

-Favorire la transizione dal monouso verso sistemi basati sull’utilizzo di prodotti riutilizzabili;

-Favorire la riparazione, la condivisione e lo scambio di beni usati;

-Favorire lo sviluppo, la nascita e il consolidamento di modelli di business ispirati al modello “Product as a service – Paas” (prodotto come servizio), in modo tale da incoraggiare la progettazione, la fabbricazione e l’uso di prodotti efficienti sotto il profilo delle risorse, durevoli, scomponibili, riparabili, riutilizzabili e aggiornabili nonché l’utilizzo di materiali ottenuti dai rifiuti nella loro produzione;

-Ridurre gli sprechi, anche attraverso il recupero a fini sociali dei prodotti (alimentari e non) in eccedenza sul mercato o con caratteristiche non idonee ad essere immessi sul mercato;

-Rafforzare il ruolo della prevenzione e del riuso all’interno dei regimi di responsabilità estesa del produttore, in particolare definendo un quadro di riferimento normativo che consenta di utilizzare quota parte delle risorse derivanti dal contributo ambientale per il sostegno di iniziative di riduzione dei rifiuti alla fonte e per favorire la transizione dal monouso al riutilizzabile;

-Favorire la trasformazione culturale, formando, comunicando e sensibilizzando sulla reale portata del cambiamento necessario e sugli strumenti a disposizione;"


Per approfondire seguite questo link che contiene anche il documento finale presentato al Ministero dell' Ambiente

Temo che non sia tempo perso valutare il nuovo ministro alla Transizione ecologica considerando anche quanto riportato in questo documento dell IIT in cui sono elencati i brevetti dell'Istituto di cui Cingolani all'epoca era Direttore Scientifico, relativi al packaging biodegradabile.
Non riesco ad immaginare una politica della riduzione del packaging e dell'usa e getta come una delle priorità assolute nella gestione dei rifiuti, da parte di questo governo con queste premesse...
Di seguito un estratto dall'executive summary dello stesso documento di cui sopra che esalta la transizione di Coca Cola al PlantBottle*. Ma il vuoto a rendere che fine fa ?

"#1 Trend: Bio or Plant-based Plastics despite of falling crude oil price We’ll realize that our lives will not come to a standstill if petroleum-based plastics were to disappear from the market. Plant-based plastics or bioplastics are poised to play a greater role in packaging and will play an even greater role in shaping consumer attitudes towards brands. An example is given by big brand companies such as Coca-Cola, which, as of June 2014, sold over 25 billion of its PlantBottle™ packages in about 40 countries. The company claims this has translated into 525,000 barrels of oil being saved."

*PlantBottle, testo preso dal sito http://www.plantbottle.info/chit/confezione/base.shtml:
"La differenza principale tra una confezione PlantBottle™ e una bottiglia tradizionale in plastica PET consiste nel fatto che per la produzione di una percentuale importante della PlantBottle™, al posto dei materiali di origine fossile, vengono utilizzati materiali fino al 30% costituiti da materie prime rinnovabili"


venerdì 12 febbraio 2021

Transizione ecologica ? Non consumiamo anche le parole alle prossime generazioni

Chiamerete transizione ecologica qualcosa che si misura in Gigawatt di potenza installata, in Km di rotaie AV per rimuovere veicoli dall'asfalto, in numero di veicoli elettrici che si vogliono rimuovere dall'asflato e che rimpiazzano i veicoli termici, in ton/anno di plastica rimpiazzata da altri materiali usa e getta, in ritorni economici di euro spesi nel "green", in posti di lavoro "verdi" creati, in numero di nuove infrastrutture "ma a basso consumo", in numero di nuovi oggetti digitali introdotti "a basso impatto" e che creano "dematerializzazioni", in densità di artefatti umani "ma verdi" ? Non fatelo in mio nome. Il punto di arrivo della transizione sarà l'aumento del PIL e delle concentrazioni patrimoniali "meritocratiche" verdi o la riduzione assoluta delle emissioni di climalteranti, delle polveri sottili, del consumo e degrado di suolo, del degrado delle foreste vergini e antiche, della dispersione di materia e di inquinanti da sintesi chimica in aria acqua e suoli, del consumo di materia e di energia complessiva, del tasso di estinzione di specie, del tasso di alterazione dei cicli chimici vitali, senza gravare ulteriormente su altre aree del pianeta e perseguendo riequilibri sociali ? Siamo attrezzati per provare a spendere decine (centinaia) di miliardi per migliorarci la vita in maniera diffusa includendovi una riduzione assoluta di impronta complessiva ? E da quando ? Lo potremo essere con gli alti profili presunto keynesiani, algoritmi umani di crescita economica meritocratica, con i tattici da mossa del cavallo, i cantieristi per l'ambiente ? Perché, diciamoci la verità, poi, "noi" tutti, tifosi degli uni e degli altri ci siamo attrezzati per transizioni ecologiche e sociali con un minimo di senso appunto di equità e dell'ecologico...così, dall'oggi al domani, a nostra insaputa ? Di certo abbiamo mostrato esperienza sul campo nell'adattare il modello di crescita nefasto ancora attuale ad ogni situazione e stavolta lo verniciamo di verde, a norma di legge e anche fuori norma di legge, lasciando pendenze, debiti e dipendenze in natura e soldi. Ma, in fin dei conti, in tutto questo ci sarebbe del ridicolo e del grottesco, persino, se non fosse anche per il fatto che, consumando termini come "transizione ecologica", non li stessimo sottraendo, entrambi "transizione" ed "ecologica" anche ai nostri ragazzi e alle prossime generazioni. Incentivate pure gli impianti da fonti rinnovabili ovunque, sostituite tutto il parco auto esistente con l'elettrico e spianante anche i territori per aggiungere alta velocità su rotaie per togliere magari proprio i veicoli elettrici dall'asfalto, incentivate le biomasse e le bioplastiche monouso, rendete pure il pianeta più denso di artefatti umani di primo e secondo ciclo, ma almeno chiamatelo business, as usual, cioè come sempre, please. Non partecipo neanche a sto giro.

Limiti critici del pianeta

Limiti critici della biosfera













Francesco P.

martedì 9 febbraio 2021

Elites, anarchia, grandi reset

Le elites - persone di alto profilo, persone perbene, tattici da mosse del cavallo, patrioti, rappresentanti del popolo, benefattori dispensatori di briciole e di lavoro - che decidono per me, per il mio bene, tenendo me, nella pratica e talvolta fin nella teoria, alla larga sono una aberrazione per costruzione.
Al massimo della tolleranza che mi riesce ne ho nausea. Figuriamoci a tifarne gli interpreti piu' o meno rumorosi, piu' o meno espliciti, piu' o meno consapevoli, più o meno filantropi, più o meno dichiaratisi democratici.

Per empatia, forse a causa dei neuroni specchio attribuiti alla nostra specie, tendo a vedere questa esigenza e questo approccio, chiamiamola di anarchia empatica innata, anche negli altri che non sono elite come non lo sono io. 
Ma nel cercare riscontri mi perdo spesso nei labirinti dei pensieri che vedo e sento espressi specialmente in giorni come questi o a ridosso di votazioni ed elezioni.
Ad ogni modo sono convinto che in fondo in fondo ci siano basi abbastanza solide per non disperare definitivamente: il detto tutto sommato sostiene che si nasce anarchici, io aggiungo empatici. Un altro detto vuole che non ci siano poteri buoni. Ritengo sia così e che la pensiamo tutti così.
E che dire, invece, della parodia dell'anarchia ? Quella di chi riesce a svincolarsi e liberarsi dalle esigenze di base per la sopravvivenza - andando ben oltre essa, accumulando spesso grandi ricchezze, privilegi e poteri piu' o meno espliciti - e che insieme ai suoi chierici attribuisce patenti da reietto ad ogni pensiero libero, empatico e che cerca nella conoscenza altra liberta' e progresso nella convivenza.
Penso a quanto sopra quando sento menzionare i grande reset, non ad un nuovo modello di produzione e di consumo, non a stili di vita che altri "meglio di me" ritengono sostenibili in vertici blindati, non a forme di potere - locali, nazionali o sovranazionali di persone competenti - che mi tengono alla larga, nella pratica e persino nella teoria.

Francesco P.

sabato 6 febbraio 2021

Il succo

"Francè... prendi, ti ho fatto la spremuta, so che ti piace... Hai letto come tutti gli economisti attaccano la decrescita ?"

"Eh, sì...Piè, quest'anno non ne sono uscite molte di arance da noi, mi manca. Gli economisti ? Sì, ho letto...crescere all'infinito in un pianeta limitato... non ne usciamo, così. Quella del consumo senza limiti, come la vogliono quasi tutti gli economisti è la nuova ideologia che fa regime"