giovedì 26 dicembre 2019

Decrescita senza aggettivi

Una interessante lettura natalizia in 7 parti (per ora 7, a detta di Marco Pierfranceschi, l'autore) sulla nostra specie, il nostro rapporto "storico" con la biosfera, il nostro futuro probabile: "La questione ambientale".


Ci rifletto spesso, sì, ed altrettanto spesso concludo che è vero: per leggere questo lungo post devi consumare energia e materiali.
Ma forse è più comodo credere che le risorse siano infinite ed accusare di ipocrisia e contraddizione chi cerca di ragionarci, da facebook/web,  finché non si raggiunge una consapevolezza diffusa.
Oppure magari devono parlarne solo gli amish, qualche perseguitata tribù pseudo-selvaggia, eventualmente al loro interno senza troppo disturbarci, oppure ancora...qualche eremita.


In realtà può darsi che parlandone, conducendo delle analisi collettive intelligenti - ma ancor più sicuramente senza nemmeno parlarne - lo stesso FB (la stessa internet), in un qualche futuro, potrà non necessariamente essere più (ritenuto) uno strumento prioritario e sostenibile (o accessibile a tutti, ma questo è un problema gemello che richiede una discussione socio politica in parallelo), ma ciò non toglie nulla al fatto che si debba pur partire da qualcosa per rifletterci, e forse la rete di telecomunicazioni chiamata internet è lo strumento più efficace, al momento almeno, per innescare considerazioni su larga scala molto più di qualche azione eroica o delle gare a chi ha più titolo a parlarne (sinonimo di non mettere mai più queste tematiche al centro delle nostre riflessioni).
Del resto, in "questa" parte del mondo dove si "consumano 3,4,5 pianeti", per il solo fatto di abitarci (escludendo forse il 10% più povero), non potrebbe parlarne appunto quasi nessuno.
Le contraddizioni, l'allarme ipocrisia - almeno per quanto mi riguarda personalmente ed in questa fase della mia riflessione - al momento le riservo ai discorsi che nel "perseguire" pratiche e politiche a favore della biosfera vogliono far preservare (spesso far crescere) i consumi attuali di energia e di materia o a chiunque, in risposta alla crisi ambientale, auspichi l'acquisto e il consumo di nuove tipologie di merci o soluzioni da produrre in massa e che talvolta (e non sempre) realizzino efficienze relative, ma non assolute, in un un sistema economico che ha bisogno di allargare i "mercati" per sopravvivere.

F.P.

sabato 21 dicembre 2019

Il raddoppio della Telesina si fa...i nuovi posti di lavoro

Riporto un mio commento FB in replica a chi dice che non possiamo fare a meno di questo raddoppio a causa degli incidenti "frequenti" che si verificano.

Come al solito questi discorsi non sono semplici e quando si parla di morti la situazione diventa delicata.
Premetto, innanzitutto, che non abbiamo la possibilità di decidere, in nessuna sede, il livello di compromesso accettabile ed informato fra le infrastrutture ed i beni indispensabili che ci vengono sottratti irreversibilmente a causa loro.
Se leggiamo le statistiche degli incidenti (Istat e ACI) per km notiamo che:
- la Telesina nel 2018  è stata sede di 0,17 incidenti/km a metà classifica in Campania, una regione di per sè fra le meno "incidentate" con densità di incidenti pari a 0.67 Inc/km, cioè più del triplo della Telesina
- BN è fra le ultime in Italia quanto a incidenti per auto circolanti.

Ci sarebbero molte altre strade (anche a doppia corsia) in condizioni peggiori ed immaginiamo se la soluzione fosse sempre "raddoppiamo" o "aggiungiamo" (a quando la FV Isclero ? E la SS Sannitica ? E l'Appia ? E se facessimo la galleria sotto al Matese ?)...avremmo una unica grande piattaforma di asfalto che collega tutto a tutto.

La SS Telesina del resto dovrebbe diventare obsoleta, visto che si sta costruendo l'alta velocità che dovrebbe migliorare i collegamenti Ba-Bn-Roma su rotaia...lo dico come provocazione perché capisco ma non approvo l'interesse di chi dice "voglio la comodità di sorpassare senza rischi" dimenticando però il costo enorme di queste infrastrutture in termini di suoli, aria, impermeabilizzazioni e di incentivo al traffico su gomma, ma capisco ancora meno la demagogia e l'ipocrisia di chi vuole sia ferrovie che strade raddoppiate sulla stessa tratta come in questo caso.
Le risorse materiali ed economiche per manutenerle non sono infinite così come asfalto e cemento chiamano altro asfalto e cemento con il risultato di fare anche di questa valle l'ennesima periferia degradata insieme alle altre che conosciamo nella nostra regione ed altrove.
E' chiaro che le morti per incidente fanno clamore (e si strumentalizzano coi titoloni, aggiungi gli interessi di chi deve costruire) è chiaro che ogni morte è morte e che talvolta conosciamo le vittime, è anche chiaro che è meno popolare dire che non vadano fatti i sorpassi avventati, o rispettare gli odiosi limiti, rispetto ad un invisibile investimento sui beni comuni di lungo periodo e su diritti come quello ad avere suoli non degradati, atmosfera salubre, assenza di impermeabilizzazioni... passo dopo passo si arriva, così, a distruggere irreversibilmente un territorio senza alcun riferimento scientifico sui benefici comeplessivi e che tengano in conto tutte le esigenze di qualità della vita. Come altro sennò ?

Link ACI: Campania -> Indicatori statistici per strada

https://www.ottopagine.it/bn/politica/203429/ok-bando-telesina-pd-sfida-vinta-e-noto-chi-ci-ha-lavorato.shtml

Francesco P.

Neve sul Matese, cronache dal declino o dal collasso ?

Chissà che estate, quella prossima, avremo in valle...non avere neve sui monti del Matese in questo periodo dell'anno dovrebbe farci preoccupare per la disponibilità dell'acqua, per come gestirla per i nostri usi diretti e per la produzione di cibo proprio per la futura stagione con minori piogge. E' in questa fase dell'anno, infatti, che si forma (si è sempre formata) la base di appoggio delle nevicate dei successivi mesi invernali (astronomici), serbatoio e riserva idrica estiva per le valli che ne sono circondati.
Per non parlare degli altri eventi estremi (fra siccità prolungate, grandinate e piogge violente) che si presentano ormai in tutte le stagioni dell'anno mettendo a rischio gli equilibri degli ecosistemi a cui siamo abituati, impoverendo i suoli e degradandone le biodiversità - indispensabili per la nostra sopravvivenza - che li abitano.

Non credo saremo pronti a prendere in considerazione le nostre necessità primarie...i nostri occhi sono tutti per opere come il raddoppio della Telesina, per far viaggiare merci più velocemente con la fighissima Na-Ba, per introdurre sempre più impianti a valle come nelle montagne, per costruire capannoni ed accontentare chi blatera di sviluppo (di chi ?), perché magari ci si vuole far credere, da consumatori annoiati, che si campi di figate non sostenibili e di lavori schiavizzanti di 3° ordine (perchè i capannoni e le grandi opere infrastrutturali, oltre ai costruttori, a quali altre attività possono essere funzionali visto che tutto ci cade addosso senza il nostro minimo coinvolgimento !?) prim'ancora che di cibo, bellezza, di acqua, di aria pulita e di lavoro sempre meno materiale, che possano aumentare il benessere della comunità.

L'immagine qui sopra è tratta da un fotogramma del 21 dicembre 2019 ore 11.37 della webcam con vista sul piazzale di Campitello Matese a quota 1500 slm circa:
https://www.meteoisernia.net/webcam-meteo-molise/campobasso/webcam-campitello-matese.html

Aggiornamento del 17/01/2020: ancor'oggi, in pratica non vi è traccia di neve sui monti del Matese tranne qualche mm dovuto ad una breve nevicata di un paio di settimane fa che non si è sciolta ma a quote superiori ai 1500 m.


F.P.


giovedì 12 dicembre 2019

Ed ora...il "bio"-metano a Puglianello ?

Il giorno 23/07/2019 il Comune di Puglianello ha ricevuto la richiesta di realizzare sul proprio territorio un impianto di digestione anaerobica per la produzione di biometano da ben 90.000 tonnellate annue di reflui zootecnici e biomasse da parte della società Agricola Sannio Biometano a RL di Gambuti Angelo di S.Salvatore Telesino in partenariato con una ditta di consulenza di Torino (EPF Consulting). 
L'amministrazione comunale di Puglianello ha quindi tenuto, il giorno 02/09/19, un consiglio comunale, con ordine del giorno dedicato unicamente all'impianto, in cui la maggioranza consiliare ha votato dichiarandosi "fermamente contraria" alla sua realizzazione, perché i cittadini di Puglianello non vogliono assolutamente impianti di queste dimensioni sul loro territorio, mentre la minoranza si e' astenuta.
L'ufficio tecnico, il giorno 04/09/2019 ha espresso il suo parere contrario alla realizzazione.dell'impianto, purtroppo in ritardo rispetto alle tempistiche previste dalla procedura PAS pertinente a questo tipo di strutture.
Nel frattempo il giorno 16/09/19 abbiamo avuto accesso in lettura alla documentazione presentata dai proponenti, in quanto cittadini interessati dall'impatto dell'impianto che si realizzerebbe a qualche chilometro in linea d'aria dalle nostre abitazioni, nel territorio di S.Salvatore Telesino.
Il giorno 20/11/19 il Comune di Puglianello, con delibera di Giunta n.178 ha dichiarato di volersi costituire per opporsi al ricorso al TAR, acquisito il giorno 10/11/2019, e presentato da Sannio Biometano a RL nella persona di Angelo Gambuti. 
Al momento non sono noti i dettagli del ricorso.

L'impianto proposto verrebbe realizzato in Via Cese I a Puglianello e occuperebbe quasi 3 ettari di terreno.  Come per tutti i biodigestori, per il solo funzionamento, ha bisogno a sua volta di molta energia e quindi sono previsti un grande impianto fotovoltaico ed una centrale di cogenerazione (che bruciando gas produce energia elettrica e calore), a questo vanno aggiunti, nel conto energetico, il traffico di camion sia per il trasporto delle 90.000 tonnellate annue di materiale in ingresso (le zone di approvvigionamento distano anche decine di chilometri) sia per il trasporto dei materiali in uscita.
Non e' dato sapere al momento né dove sarebbe destinato il digestato (il grosso del materiale in uscita dai digestori) che viene di solito presentato come materiale da sversare nei campi - con tutto il potenziale di inquinamento dei suoli coltivati, delle falde e della nostra catena alimentare, non essendo specificata nella documentazione la qualità di ciò che entra nell'impianto - né la destinazione delle acque e dei liquidi introdotti ed utilizzati nell'impianto. 
Va precisato, infatti, che se gli effluenti zootecnici e le biomasse in ingresso sono contaminati da metalli, detersivi, antibiotici e pesticidi tali restano anche all'uscita dei biodigestori, che non sono di per sé dei laboratori di depurazione o di controllo chimico, tanto più se non sono previste sezioni di progetto dedicate a tale scopo.
Non a caso, parlando con un allevatore di Puglianello, è venuto fuori che la criticità principale, motivo del rigetto prevalente fra gli operatori zootecnici locali, è l'obbligo di dover ritirare il digestato da parte di chi vi conferisce i propri effluenti: c'è una forte preoccupazione, purtroppo fondata, nel dover spargere nei propri campi un materiale che una volta entrato nell'impianto perde ogni connotazione di tracciabilità e di garanzia sanitaria ed ambientale (ricordiamo, peraltro, che non entrano solo rifiuti e deiezioni da allevamenti animali, ma anche residui e biomasse vegetali). Può sembrare una preoccupazione egoistica, forse lo è, ma deve farci riflettere sui rischi che noialtri correremmo a consumare cibo prodotto con del digestato con queste premesse.
D'altronde, diversamente dalla gestione aerobica in autoconsumo e con approccio a ciclo chiuso, da parte degli allevatori e degli agricoltori che producono le biomasse vegetali, i gestori di questi impianti industriali di dimensioni medio-grandi sono esclusivamente interessati a massimizzare la produzione di gas, non certo a produrre un ottimo e sicuro compost da utilizzare nei campi. Del resto se si leggono i bilanci di queste attività industriali il digestato compostato ha sempre un valore economico molto marginale rispetto al gas incentivato: quanti soldi ed energia vorranno dedicare per garantire sanità ed ambiente ? Immaginiamo poi quanti per garantire le giuste proporzioni di matrice organica per fare compost e rigenerare i terreni chiudendo il cerchio.
A queste problematiche vanno aggiunti: la possibile formazione di spore di botulino, i rischi di sversamento per perdita dei liquami nei campi circostanti, i rischi fisiologici di fuoriuscita di metano - un gas serra - nelle varie fasi di processo, insieme ad una maggiore emissione di CO2 in atmosfera rispetto all'approccio aerobico considerando il successivo impiego del biometano, le emissioni dei trasporti, le fasi di compostaggio del digestato.
Lo stesso impianto è fonte di emissioni odorigene in tutte le sue fasi di lavoro, per la presenza di stoccaggi e movimentazione di effluenti, per la possibile presenza di ammoniaca, in assenza di sezioni di abbattimento dedicate; non va peraltro trascurato l'eventualità ed il malcostume di difficile verifica per cui sebbene la tecnologia di abbattimento sia presente, questa non venga attivata perché magari energeticamente costosa. Saranno inoltre presenti emissioni legate alla combustione necessaria all'esercizio del digestore.

Nel considerare questo tipo di impianti, nella ipotesi ideale di presenza di ogni tipo di accorgimento tecnico per le garanzie sanitarie ed ambientali, va assolutamente sottolineato che tutta la materia organica che li alimenta (di certo non gestita per migliorare i suoli) subisce trasformazioni che impoveriscono sostanzialmente il contenuto nutritivo rispetto all'alternativa del compostaggio aerobico: nel processo anaerobico si ha infatti notevole riduzione del contenuto in carbonio e della massa di compost utile in agricoltura, tutta materia rinnovabile, questa sì, sottratta ai cicli biologici naturali di cui non si può fare a meno pena il degrado progressivo dei suoli.

Un ulteriore rischio da non sottovalutare, poi, è la coltivazione di vegetali dedicata ed utilizzata per incrementare le rese nella produzione di gas: comporterebbe la sottrazione di suoli per usi primari come ad esempio la produzione di cibo oltre a intensificare la presenza di monocolture.

Ritornando alla questione energetica, rammentiamo che in generale gli impianti di digestione anaerobica - dalla tecnologia molto complessa se si devono garantire la necessaria sicurezza in fase di esercizio (es.: sovrapressione del gas, riduzione delle emissioni, ecc) e la pulizia/filtraggio dei prodotti e dei sottoprodotti di lavorazione - hanno bisogno di notevoli quantità di energia e non a caso le ricerche dimostrano che é necessario 1 kwh di energia per produrre a sua volta 1,8 kwh di energia dal biogas: non hanno quindi assolutamente senso dal punto di vista strettamente energetico (per avere un termine di paragone, il fotovoltaico mediamente si attesta su 11-12 kwh prodotti per 1 kwh speso, secondo una ricerca sulle conclusioni di centinaia di studi).
Pertanto l'unica reale convenienza, economica, è tutta del titolare dell'impianto che ha il solo interesse a massimizzare la produzione di gas in presenza di incentivi garantiti dalla legge (la quale classifica a torto, viste le considerazioni di cui sopra,  il biometano come una fonte rinnovabile) ed a fronte di costi economici e rischi ambientali che ricadono sulla comunità.

PS: Alla richiesta presentata il 17/09/19 al Comune di Puglianello per ricevere una copia degli atti da portar via e rendere pubblica, la societa' proponente, mediante una lettera del suo legale, si e' opposta, adducendo fra le motivazioni la finalità, da parte nostra, di voler visionare un progetto "contenente dati sensibili e know how aziendali", non essendo portatori di alcun interesse specifico. Questa chiusura sulla documentazione la dice lunga sulla vicenda, se avrà un seguito.

venerdì 11 ottobre 2019

Cosa penso del "5G"...in sintesi


In queste condizioni qui (vedi grafico dello Stockholm Resilience Center (*) qui a destra) 
e cioè: tassi di estinzione di specie e cicli di fosforo ed azoto in zona rossa, cambiamenti climatici e alterazione dei suoli in zona gialla...
...noi pensiamo a queste cose qui:
 "I numeri di "Cose" previste per IoT (Internet of Things, Internet delle Cose), sono tutti piuttosto elevati e variano in base alla fonte ed all'anno. Cisco stima 50 miliardi di dispositivi connessi, mentre Intel ne prevede 200 miliardi.
Tratto dal sito di Huawei che stima che il numero sara' 100 miliardi (al 2025, come specificato in un'altra pagina del suo sito, ndr)"
Si tratta di 12 dispositivi a persona in media (neonati e persone con problemi di sopravvivenza inclusi).
Troveremo mai uno studio di riferimento che possa dare il peso numerico dell'impatto (energia, materia - es.: terre rare da estrarre, plastiche -, rifiuti, emissioni, degrado marino/oceani e del suolo) di questo nuovo nodo tecnologico chiamato Internet of Things, dalla portata cosi' vasta come preannunciato dalla aziende del settore, di cui il 5G sara' la piattaforma di comunicazione (immaginiamo anche le infrastrutture a contorno che comprendono ad esempio server, antenne, ecc) ?
Ci sara' qualcuno che ne fara' richiesta da qualche parte nel mondo ? Credo di no e credo che come in tanti altri casi, sara' la fantomatica "mano invisibile" del mercato a decidere per noi, magari contrapposta (per quanto tempo ?) agli individui (posso non volere IoT...?) ed a qualche comunita' "locale" per cui si parlerà di NIMBY e di medioevo alla prima infrastruttura che si vorra' installare loro malgrado nei paraggi.

(*)Al momento lo
Stockholm Resilience Center e' uno dei pochi centri studi che si sono impegnati ad assegnare delle soglie, dei confini biofisici, in vari ambiti della biosfera ritenuti chiave, da non valicare, pena il superamento della capacita' di resilienza del sistema pianeta - dei punti di non ritorno - portandoci in stati probabilmente molto diversi da quelli dell'Olocene, ultimi 12000 anni per intenderci.

Francesco P.

domenica 22 settembre 2019

Un fattariello paesano

Una decina di giorni fa un solerte cittadino di S.Salvatore trova un fiat fiorino di un signore fermo con il portellone aperto ed un sacco di rifiuti nel mezzo della carreggiata in prossimità del cavalcavia della Telesina, sulla trafficatissima, a quell'ora, Via Amorosi.

Il solerte cittadino, incurante delle parole animate e appassionate del signore del fiorino, nel prenderne la targa, avrà pensato "Finalmente torno a casa con un trofeo, facendo pagare una bella multa di varie centinaia di euro al delinquente che ho beccato in flagranza, appuntandomi al petto una bellissima medaglia da eroe da esibire davanti ai miei compaesani".
Giorni dopo l'accaduto incontro il cittadino col fiorino, ancora disperato e umiliato, che mi riferisce la storia, conclusasi con il camion della ditta dei rifiuti che torna indietro dopo essersi accorto di aver perso un sacco (scagionandolo davanti al solerte  cittadino), sacco che lo aveva costretto peraltro a fermarsi per liberare la strada dall'ingombro che esso rappresentava: tutta la vicenda la dice lunga sulla lucidità del "solerte" nonché sulla sua impellente necessità di voler vincere facile, tanto da non aver avuto alcun dubbio su chi fosse il colpevole colto sul fatto, mentre scaricava (furbacchione lui), in pieno giorno, un sacco al centro di una trafficatissima strada. Una storia odiosa che già so verrà giudicata positivamente per l'esempio che il "solerte" ha provato a dare.

Non farò il suo nome nè quello del cittadino col fiorino (quest'ultimo non me lo perdonerebbe mai e ci tengo a questa persona per quanto non ne condivida l'approccio del silenzio. Se vorrà, farà i nomi quando e come deciderà di farlo), ma ci sarebbe da chiedersi il perché di questo preambolo e di questo post da parte mia se non faccio nomi.

Punto primo: raccontare fattarielli della zona è sempre una buona premessa per attirare l'attenzione su tematiche ritenute sempre inutili a tal punto che si stanno minando le basi della vita. D'altra parte sono circondato da persone che mi raccontano spesso di scempi, soprusi e rischi, rivelatisi reali, e che non si ha il coraggio di denunciare pubblicamente: chiedersi il perché sarebbe già un buon punto di partenza per migliorarci come comunità.

Punto secondo: mi chiedo perché tutta questa energia nell'affrontare il presunto abbandono di rifiuti, da parte di questo solerte cittadino, non si applichi e non si sia ancora applicata anche per questo scempio poco distante e già presente all'epoca del fattariello, che si vede nelle foto riportate nel post e che sono state scattate, infatti, a ridosso del cimitero di S.Salvatore, ma che per la verità si presenta simile in tanti altri fossi del nostro territorio.

Ok, il problema è difficile da risolvere; ok, mi dicono che stanno fioccando le multe; d'accordo, siamo scostumati e c'è il porta a porta bla bla bla; d'accordo, i proprietari dei terreni bla bla bla; d'accordo, i cittadini possono organizzarsi per pulire volontariamente bla bla bla: ma quale senso ha permettere, come Comune e come Provincia, di trinciare l'erba lungo le strade ed i fossi che presentano delle ormai vere e proprie discariche di rifiuti di ogni genere accumulati nel tempo e che saranno sminuzzati e resi praticamente ingestibili da chiunque, privato o pubblico, o quantomeno ne renderanno l'operazione di rimozione molto più difficile e costosa ? Perché non mettersi d'accordo per farli pulire prima, magari avvisando i proprietari o facendolo come pubblico ?

E poi, mi chiedo: ma dove sono i 2000 e passa elettori tutti, del nostro comune ? Ma cosa avete chiesto ai vostri rappresentanti se manco il meno che ordinario viene affrontato (non dico risolto) ?



PS: Abito nel punto più basso del fosso che parte dal Cimitero di S.Salvatore lungo Via Amorosi. Oggi ho raccolto dopo 1 mese, quasi 1 sacco di rifiuti di ogni genere nel fosso di fronte casa. Devo temporaneamente ringraziare il nuovo clima e la siccità, altrimenti mi sarei ritrovato già almeno metà di tutta la summenzionata discarica davanti casa, trascinata dall'acqua piovana. E' già successo in passato e aspetto che arrivi la stagione delle piogge per sentirmi moralmente giustificato (a meno che non ci siano altri privati che, collaborando, "mi organizzino" nella raccolta insieme a loro e nel manifestare pubblicamente contro l'inerzia amministrativa a cercare soluzioni) a rimuovere nuovamente quei rifiuti che si saranno nel frattempo spostati nel "mio" fosso.

lunedì 19 agosto 2019

Scienza o paraocchi tecno-scientisti ?

Alcune riflessioni e domande retoriche messe giù dopo aver letto questo post ed i relativi commenti (si tratta di una discussione "locale" ma con dinamiche classiche da tecnologia vs ambiente) che parlano della sostenibilità delle nuove tecnologie digitali, insieme all'invito a discuterne con ottimismo e razionalità perchè grazie alle energie rinnovabili ci potremo permettere di "supportarle" a meno che "qualche retrogrado tecnologico in seno ai nostri politici non decida di fermare lo sviluppo del solare e dell'eolico, della biomassa, che sono l'unica speranza (nb. insieme al nucleare pulito - per ora una chimera - non quello attuale per intenderci ) per un futuro più green, sostenibile e tecnologico!"
Parliamone.

Secondo evidenze scientifiche riportate dal gruppo di ricercatori che fa capo a J. Rockstrom e da varie altre fonti accademiche specializzate in scienze ambientali e naturali(*), abbiamo superato, fra gli altri, i tipping point per il tasso di estinzione delle specie ed il tasso di alterazione dei suoli, i 2 indicatori di stato ritenuti fondamentali per la biosfera e quindi per la nostra specie, collegati direttamente con le problematiche di consumi e produzioni, insieme ai climalteranti. Anhe l'acqua gioca un ruolo fondamentale nei semiconduttori (ricordo il tema del post di FB: 5G e rinnovabili) ma al 2015 non risultava ancora superare la soglia critica, per quanto fosse sotto stretta osservazione e per quanto qua e là periodicamente spuntino crisi locali dovute ad alluvioni e siccità: di certo avvantaggiare microchip a discapito dell'uso alimentare e per l'igiene è un bell'ardire.

Ad ogni modo, non é una semplificazione che si paga a caro prezzo, pensare che la biosfera sia in crisi per il solo clima e quindi per la sola modalità di produrre energia, "a saldo invariato", e non per la quantità e per la qualità dei consumi senza limiti ?

Alla luce degli indicatori suddetti, infatti, fino a che punto possiamo pensare che avanzamenti tecnologici che implicano produzione, alimentazione e smaltimento (rapporti sul riciclo dei metalli, rari e non (**)) di nuovi oggetti possa significare progresso a prescindere, inteso come miglioramento delle condizioni di vita distribuito in maniera equa ed accessibile a tutti, senza compromettere la possibilità che le generazioni future possano anch'esse prosperare ? Abbiamo già l'esperienza fallimentare del clima: il mercato, la tecnologia non ci hanno evitato il raggiungimento del punto di non ritorno. C'è allora un limte ? Qual è ? Qualcuno si pone la domanda là fuori ? 
Prendiamo 5G + IoT ad esempio: previsione di 100 mld di dispositivi connessi al 2025, numero preso dal sito di Huawei. Le eventuali limitazioni alla tecnologia se, in assenza di opportuni interventi politici, saranno date solo dalla finitezza delle risorse naturali e delle materie prime o quantomeno di quelle "facilmente" estraibili, basandosi sulle solo leggi del prezzo, della domanda e dell'offerta, dove ci porteranno in termini di alterazione dei suoli e di dispersione di inquinanti (sotto forma di rifiuti ed emissioni di processo e di consumo) con relative implicazioni sugli habitat, la biuodiversità, e sull'alterazione degli ecosistemi  (semi)naturali ? Arriveremo ai tipping point senza neanche accorgercene perchè questi ultimi non hanno alcun ruolo nel mercato dovendo peraltro essere delle variabili indipendenti (ricordo che sono fonti di vita primarie) ?

Più in generale, il solo fatto che gli avanzamenti tecnologici nella medicina, in campo igienico, in agricoltura e nelle comunicazioni abbia contribuito a far migliorare le condizioni di vita (almeno su un numero ben definito di indicatori, tra cui l'aspettativa di vita) in numeri assoluti nei precedenti 100 anni (arrotondo) con l'approccio Business as Usual + innovazioni tecnologiche sempre più frequenti, senza dimenticare le enormi disparità intra ed inter Stati, ci autorizza a pensare che possiamo continuare a farlo in eterno con le stesse modalità o riusciamo a vedere quanto di non rinnovabile e quanto degrado di difficile e parziale ripristino in tempi umani ci sia in questi miglioramenti vista anche la grande accelerazione sia nei consumi pro capite in molte regioni del pianeta che nella crescita della popolazione mondiale avvenute nel frattempo ?

E poi, chi parla di conversione completa alle rinnovabili degli attuali 160 mila twh annui di energia primaria prodotta e consumata, lo fa a ragion veduta e consapevole delle criticità e delle limitazioni di una tale "operazione" ?  Quanto viene tenuto in conto il conflitto nel consumo di minerali (metalli rari) fra le stesse rinnovabili ed i prodotti hi-tech (permettetemi il termine desueto) ? E gli studi tutt'altro che univoci - c'é sí il citatissimo studio Wind Water Sunlight, punto di riferimento per il passaggio alle rinnovabili, ma ci sono anche vari studi(***) che lanciano allarmi nella transizione energetica, criticando WWS, non avendo quest'ultimo tenuto nel dovuto conto, fra l'altro, la limitatezza dei metalli rari, per la cui fattibilità si evocano/invocano tassi di riciclo da cui siamo molto distanti - e che contraddicono questa possibilità a volerla applicare in tutti i settori delle ns attività ?
E gli impatti legati alle estrazioni ed al consumo idrico, sono tenuti nella giusta considerazione ?
Di nuovo: c'è qualcuno là fuori che si pone il problema del limite ?

Concludo e sintetizzo.
La biosfera é un sistema dinamico complesso e limitato, far coincidere la crisi ambientale con la crisi climatica é una semplificazione riduzionista. Considerare scienza solo quella che porta alla realizzazione e diffusione di nuovi oggetti, tenendo in conto la sola dimensione energetica e trascurando tutto il resto, é quantomeno sospetto, di certo non razionale. I vari indicatori biofisici infatti si influenzano l'un l'altro e non sono i soli cambiamenti climatici ad aver già sforato la soglia del punto di non ritorno.
Quanto all'ottimismo legato alle capacità dell'uomo ed evocato nei commenti del post di FB, questo é una categoria dello spirito, non é certo oggetto di dibattito, specialmente se deriva da una rappresentazione parziale della realtà, se non fa la tara con la termodinamica e se non considera la limitatezza della biosfera.


NOTE
(*)Studi sui tipping point della biosfera
3) http://www.bascompte.net/content/publications/nature11018.pdf

(**) Rapporti e studi sul riciclo e sull'economia circolare

(***) Studi sulla fattibilità della transizione energetica da fossili a rinnovabili
1)Autori vari su PNAS:
https://www.pnas.org/content/114/26/6722.full

2)Stanford University:

3) Studio commissionato dal governo Olandese:

sabato 3 agosto 2019

Sul 5G !!!


Scusate, ammetto di aver fatto click-baiting col titolo, qui in realta’ metto in fila una serie di riflessioni sulla tecnologia, stimolate da vari dibattiti/discussioni tenuti online e dal vivo con amici parenti, colleghi e conoscenti.

Partiamo da alcune affermazioni sciolte sulla tecnologia e largamente condivise. La tecnologia contraddistingue la nostra civiltà e la nostra specie. La tecnologia migliora la vita e spesso risolve i problemi della tecnologia pre-esistente. La tecnologia ci ha fatto aumentare l’aspettativa di vita. La tecnologia crea efficienze che riducono i consumi, il suo avanzamento non va contrastato.

Potremmo stare ore a parlare di cosa sia tecnologia, mi limito a dare la mia definizione: insieme di conoscenze e tecniche che permettono di migliorare la nostra vita senza peggiorare e compromettere quella delle generazioni future. Non e' rigorosissima ed è incompleta,  ma per quello che voglio dire qui mi basta (per chi trovasse nella definizione un’assonanza con il concetto di sostenibilità, beh sappia che non è un caso). 
Messa cosi', le tecnologie nuove, anche per me, migliorano e correggono con ragionevole probabilità le precedenti. Sono un progressista.

Non appena ci spostiamo di un passo e facciamo ricadere nella definizione (implicandola) la necessita' di realizzare, alimentare e smaltire (il riciclo e' mediaticamente sopravvalutato, nei fatti e nella teoria) un insieme (magari miliardi) di nuovi oggetti ed infrastrutture che risolvono problemi ed esigenze, più o meno reali (per tutti ? quanto siamo liberi di accettare o rigettare le presunte nuove soluzioni ? ecc), c'e' un problema grosso quanto un pianeta da prendere in considerazione: la limitatezza delle risorse e gli indicatori che, oggi non domani, mostrano almeno 4 grandi crisi  (si parla di superamento di tipping points, punti di non ritorno) in corso per la biosfera: cambiamenti climatici, estinzioni delle specie ben oltre il tasso di fondo, acidificazione degli oceani, alterazione dell'uso dei suoli. Ci sono altri indicatori sotto osservazione, poi se volete possiamo parlare anche di questo e vi passo i miei riferimenti.
Qualcuno mi dice se, con questo nuovo passo tecnologico, stiamo facendo un salto nel buio - senza cioè comprendere nei "nostri calcoli" sul presunto progresso anche la biosfera, gia' fortemente in crisi - credendo di migliorare la nostra qualità della vita ? La nuova tecnologia 5G e le implicazioni direttamente ad essa collegate ricade sempre (dogmaticamente ?) nella categoria di strumento di progresso a prescindere ?
E poi, questi nostri ragionamenti li facciamo a ragion veduta (cioè già sappiamo che con la nuova generazione di oggetti smart e' tutto o abbastanza sotto controllo o addirittura creerà delle efficienze assolute anche su materiali, energia e rifiuti ?), o visto che non abbiamo mai considerato prima queste problematiche (e magari perché ci siamo sempre trovati “bene”), possiamo continuare a non considerarle ? Lo facciamo sapendo che lo stato della biosfera, ed il livello scientifico di conoscenza dei suoi pilastri fondamentali, non e' più quello di 50, 40 e neanche di 10 anni fa ?
Possiamo permetterci di lasciare la risposta alla somma delle liberta' (liberta' ?) di consumo dei singoli (miliardi di persone) ed alle leggi di mercato ? La violazione di ben 4 indicatori biofisici fondamentali del pianeta, su cui la scienza (quella della ricerca e delle pubblicazioni indipendenti peer reviewed) non ha dubbi, dimostra che forse il meccanismo di feedback (economico, sociale, scientifico) non sta funzionando, chiunque sia al timone (Il libero mercato ? Il capitalismo ? La democrazia rappresentativa ? La Cina ? Il complotto delle multinazionali ? Putin ? Soros ? I rettiliani ? Un mix di tutto questo ? Altro ?) : le soglie le abbiamo, ad ogni modo, allegramente superate.
Con IoT (Internet of Things), i soli player direttamente coinvolti nel nuovo salto tecnologico, si sfregano le mani perche' stimano chi 50, chi 100, chi 200 mld di dispositivi connessi al 2025 (rispettivamente Cisco, Huawei sul suo sito, Intel). Credete che saranno gli stessi oggetti di prima con in aggiunta un qualche sensore o attuatore (rendendoli smart), o renderanno completamente obsoleti gli oggetti non smart implicando in questo una revisione e quindi sostituzione completa di tutti i prodotti che gia' sono in commercio (pensiamo ai soli - miliardi di - smartphone...) ?
Mi immagino una possibile reazione e la anticipo perché è stata mia tanta volte in passato: ma allora con questo modo di ragionare rischiamo la paralisi ?
Non lo so, non e' una implicazione necessaria: di certo sappiamo che ci sono delle grandi crisi in atto, che le crescite dei consumi materiali individuali ed aggregate mostrano un andamento esponenziale (nonostante il presunto aumento di efficienze relative e le dematerializzazioni: del resto le crescite annue di pil sono tassi composti), che la popolazione potenzialmente implicata nei consumi “non di prima necessita’” e' notevolmente cresciuta (benessere piu’ diffuso in numeri assoluti, ma con grossi squilibri entro e fra diverse aree geografiche) negli ultimi 50 anni (non a caso chi si occupa di picchi delle risorse e di limiti dello sviluppo parla di grande accelerazione nel degrado degli ecosistemi avvenuta negli ultimi 40-50 anni).
Cio' che non aumenta, purtroppo, nonostante la crescita inesorabile della qualità della tecnologia e delle conoscenze, e' l'efficienza assoluta: cioe' la nostra impronta complessiva, nonostante gli efficientamenti puntuali resi possibili dalle singole tecniche - talvolta veri, talvolta presunti - continua ad aumentare (i calcoli sull'impronta* condotti da diversi centri studi scientifici convergono a prescindere dal metodo adottato) sia in termini di prelievi di materie base (sulle materie prime storiche le miniere di facile prelievo lasciano spazio a quelle sempre piu’ complicate e costose: del resto “si parte dalle mele basse dell’albero”, poi si è costretti a ricorrere alla scala) che in termini di consumi energetici.
A supporto della tesi dell'insuccesso del cosiddetto disaccoppiamento fra crescita di beni e servizi (si parla di sviluppo sostenibile, quindi, badate bene, non di aumento della qualità della vita) e diminuzione dei consumi di materia ed energia ci sono studi indipendenti (vd studio commissionato dalla UE: "Decoupling Debunked") e fonti autorevoli come i testi di Vaclav Smil ("Making of modern world - Materials and dematerialization") che approfondiscono, con dati, il tema dell'incapacità della sola tecnologia, delle tecnologie, degli strumenti umani attualmente in uso, di far diminuire l'impatto umano complessivo sulla biosfera.
Da tecnico, da ingegnere, potrei anche bearmi ad esempio, di 5G e di IoT, del prossimo step cioè che permette di allargare i mercati nonché lustrarmi gli occhi per le meraviglie che permetterebbe di realizzare; da essere umano e animale sociale, nonché individuo di una specie parte integrante della biosfera, persona a tutto tondo, che si vuole porre domande di lungo periodo e che vogliono sfidare la complessità e l'articolazione multifattoriale della realtà,  mi chiedo, invece, se si potrà, e chi potrà, controllare e porre argine al giro di motore aggiuntivo della crescita infinita dei consumi - che tali tecnologie imporranno in una economia votata all’espansione senza confini - in prossimità di limiti della biosfera già raggiunti e con conseguenze di cui non prevediamo, forse, la forma e i modi di manifestarsi, ma che rischiano di auto-alimentarsi in presenza di sistemi bio-fisici (ed anche economici) indeboliti e di cui si sono oltrepassati i limiti di resilienza.
Si potrebbe obiettare che in passato molti cattivi profeti abbiano inveito contro chi andava oltre i limiti conosciuti ma non credo sia questo il caso: non parliamo di esploratori che varcano le colonne d'Ercole contro i pareri di vecchi sciamani conservatori, parliamo di scienza che mostra segni ed indicatori netti di inizi di caduta: come considerare altrimenti i già irreversibili (sì irreversibili, ormai tutt'al più contenibili) cambiamenti climatici che, tra l'altro, nessuna tecnologia o modello economico, sociale e politico finora adottati è stato in grado di prevenire ?

F.P.


*Nota : per impronta si intendono impatti dell’uomo sul resto della natura che tengono in conto, con metodo scientifico, sempre piu’ parametri, perche’ si cerca di evitare l’approccio riduzionista - che tiene conto delle singole problematiche (a compartimenti stagno per intenderci) - dando cosi’ fotografie e rappresentazioni sempre più complete della biosfera che ci circonda.

venerdì 28 giugno 2019

Temperature di questi giorni

Sottotitolo ironico: tranquilli non è da questo episodio, per quanto estremo e prolungato, che si caratterizza il cambiamento climatico... Così come in poche settimane il meteo è passato da un evento estremo ad un altro, anche noi siamo passati dall'indifferenza totale verso il clima al panico in molto poco tempo (vedere reazioni al post del giornale locale ottopagine).
In realtà, l'ondata di caldo del mese di giugno (che da sola non avvalora l'ipotesi del riscaldamento globale) e quella di freddo e ricca di precipitazioni del mese di maggio (che da sola non smentisce l'ipotesi del riscaldamento globale), prese insieme sono in linea coi modelli previsionali dei climatologi che fanno loro stimare un aumento delle frequenze degli eventi anomali - con l'aumento della temperatura media mondiale - e quelli di maggio e di giugno lo sono senz'altro. Nello specifico la frequenza delle ondate di caldo come quella di questo giugno, sarà nei prossimi anni 10 volte maggiore rispetto a quella registrata agli inizi del '900. Pertanto non c'è assolutamente nulla per cui stare tranquilli... Ad ogni modo, più che farsi immobilizzare dall'emotività, sarebbe più utile e più saggio pensare a quanto si possa fare per ridurre al minimo sia le cause che le conseguenze dei cambiamenti in atto (che peraltro non sono in discussione nemmeno da parte di chi nega l'origine umana dei cambiamenti climatici). Di seguito riporto una serie di idee - che in realta' sono una raccolta di note da cui sono partito per confrontarmi con gli alunni delle scuole medie di Guardia S. - su cui poter discutere ed impegnarsi individualmente e come comunità per ridurre al minimo cause e conseguenze delle novità climatiche, senza attendere i grandi cambiamenti dall'alto (Governo nazionale, UE, ONU, Federazione dei pianeti Uniti...): - Preservare e non consumare ulteriormente i suoli che diventano sempre più preziosi (diventeranno sempre più fragili cosi' come le coltivazioni, per rischio inaridimento, grandinate, alluvioni e gelate) - Rimboschire e ri-naturare il territorio anche per il microclima locale - es. evotraspirazione per la pioggia e frescura - manutenendo i boschi anche in vista di precipitazioni estreme e conseguenti frane e smottamenti. Il "rimboschimento" come soluzione va condotto con le giuste conoscenze in termini di specie da adottare, pena il rischio di essere controproducenti (es.: specie che in determinati condizioni impoveriscono i terreni per prosperare, specie non autotoctone che possono alterare equilibri gia' resi fragili da altre crisi nei nostri ecosistemi, ecc) - Bloccare la realizzazione di nuovi manufatti: il cemento e l'asfalto aumentano le temperature rispetto al suolo coperto da vegetazione - Demolire i manufatti industriali in abbandono e disuso e ri-naturarne o rimboschirne il suolo. - Piantare alberi caducifoglie nei centri abitati (mettere a disposizione i soldi per questo, la manutenzione corretta costa. Qualcuno suggerisce di considerare l'albero come "infrastruttura urbana", a rimarcare una estraneita' e la distanza fra uomo e biosfera, bah...) per fare ombra in estate e ridurre anche di 5-6° la temperatura esterna, limitando così l'uso dei condizionatori ai soli casi di emergenza. - Avviare politiche di trasparenza totale della gestione dell'acqua per ridurre al minimo le speculazioni da emergenze - Preservare in maniera rigorosa le montagne che ci circondano da ogni forma di antropizzazione (meglio ribadirlo: dalle montagne arriva l'acqua dei nostri rubinetti e per i nostri campi; preservarvi la varietà di specie viventi che ci fanno sopravvivere) come dagli incendi ed anche dalla pale eoliche, si' - Avviare politiche di differenziazione dell'acqua in base all'uso (potabile, agricolo, industriale) - Acquisire cultura e conoscenze che permettono di produrre cibo in presenza di siccità prolungate e temperature più elevate - Passare ad agricoltura ed allevamenti che adottano pratiche che azzerano la chimica sintetica nelle falde idriche - Collegare i paesini della valle con piste ciclo/pedonali dedicate (forse qualche auto in meno la vedremmo), riducendo, allo scopo, al minimo il consumo di nuovo suolo (per la corretta progettazione ci sarebbe bisogno di scelte compartecipate con la comunita', onde evitare la realizzazione di piste inutilizzabili e per ridurre rischi di speculazioni) - Incentivare localmente negozi che minimizzano l'usa e getta (ri-produrre oggetti ed imballaggi costa energia, oltre che enormi problemi sui rifiuti) oltre alle professionalità della riparazione (sarti, calzolai, ecc) - Combattere per avere presidi sanitari funzionali di pronto soccorso, di servizi e di cura alla persona nonche' per l'ospedalizzazione: le nuove condizioni ci renderanno più fragili, specialmente con l'aumentare dell'età - Alimentare i consumi elettrici con fotovoltaico diffuso sui manufatti esistenti - Adottare sistemi di riscaldamento dell'acqua passivi (solare), anche artigianali (30 litri di tubo nero) - Stoppare la diffusione dell'illuminazione pubblica nelle campagne ... - Coinvolgere i bambini ed i ragazzi in momenti di formazione scientifica sullo stato e sulle dinamiche note della biosfera, nelle scuole, e renderli a loro volta protagonisti di iniziative di diffusione di consapevolezza, utilizzando le conclusioni/soluzioni acquisite direttamente negli isituti scolastici, dove passano parte della loro vita.
- Fare incontri pubblici in cui condividere idee, soluzioni e pratiche individuali e di comunità - Continuare a pensare ed attuare altre soluzioni: le crisi ambientali congiunte sono la nostra vera priorita', tutti i nostri diritti civili, sociali, individuali si muovono all'interno dell'unico sistema biofisico chiamato pianeta Terra.
- Spingere affinchè la biosfera diventi Il soggetto di ogni dibattito politico e non l'oggetto. Le pratiche di cui sopra sono risolutive e ci permettono di ripristinare le condizioni di vivibilita', non dico di 50-60 anni fa, ma di 15-20 anni fa ? NO. Ci permettono di attenuare cause ed effetti per un futuro che, a detta degli scienziati, si prevede possa portarsi dietro una inerzia di crescite di temperatura anche in caso di arresto immediato delle emissioni di gas serra umane. Non ne teniamo conto o non cerchiamo soluzioni alternative migliori ? Continuiamo con politiche di crescita dei consumi, per di piu' rendendo gli ecosistemi, rurali, montani e urbani in cui vivamo piu' fragili, talvolta nascondendoci dietro termini come "economia circolare", "sviluppo sostenibile", "green economy" ? Ok, bene, cosi' accentueremo cause ed effetti del clima anche localmente. percorrendo una spirale che ci puo' portare in uno stato di equilibrio non necessariamente prossimo a quello in cui abbiamo prosperato, quello dell'Olocene (ultimi 11-12000 anni)
Una domanda conclusiva che si porta dietro una constatazione che faccio difficolta' a smentire: le scienze che dimostrano la necessita' ineluttabile della riduzione globale dei consumi sono piu' incerte e oggetto di dubbi di quelle che sono dietro alla crescita ? O sono semplicemente piu' confortanti anche per chi non e' toccato dai benefici di questo meccanismo ? PS: Ah, in alternativa possiamo sempre migrare verso il nord Europa, o nelle montagne, sperando di non trovare chi dice "prima il nord" o "prima i montanari" ;)
F.P.

lunedì 4 febbraio 2019

Energia, quale o quanta ?

Il livello planetario
Quando si parla di nuova realta' (nuova normalita') climatica da dover fronteggiare (non lo stiamo facendo, anidride carbonica, metano e aerosol in atmosfera sono in aumento), non teniamo presente che gli altri indicatori dello stato di salute del pianeta (livello di alterazione dei cicli naturali, tasso di estinzione delle specie, livello di qualita' e quantita' delle risorse non rinnovabili(*), del suolo fertile e degli ecosistemi disponibili, presenza di inquinanti in dosi preoccupanti con frequenza crescente, per dirne alcuni) ci dicono che non possiamo permetterci, al di la' della reale (**) fattibilita' tecnica di una completa transizione al solare, di continuare a far subire ai nostri territori impatti a colpi di 154.000 Twh all'anno (e' l'ammontare di consumo mondiale di energia primaria del 2017, a cui noi europei abbiamo contribuito a piene mani, per circa il 22%), o se preferiamo di potenza media di 2350 W per ogni singolo essere umano dei 7.5 mld che attualmente popolano il pianeta. Per inciso, noi italiani consumiamo una potenza primaria media di 3800 W pro-capite (dati sui consumi energetici riferiti al 2015 da un documento pubblicato dal Ministero dello Sviluppo Economico), nessuno escluso.

Quindi il problema non e' solo quale energia, ma anche e soprattutto quanta ne vogliamo consumare.
Infatti, seppure improvvisamente ci ritrovassimo energia fisicamente gratis (alimentando tutti i consumi, ad esempio, con il potenziale dato dall'irraggiamento solare, fosse pure a "zero emissioni", impossibile anche questo), un attimo dopo ci dovremmo porre il problema di ridurne notevolmente l'utilizzo complessivo dato che il tasso di produzione di merci, rifiuti ed emissioni, il tasso di estrazioni di minerali, consumo dei suoli fertili e di dispersione di sostanze chimiche nella biosfera (attualmente sul sito dell'Echa sono in attesa di giudizio ben 191 sostanze sintetiche candidate come "Estremamente pericolose" - immaginiamo la pressione a cui siamo esposti e sottoposti - e circa 23000 sono le sostanze "uniche" registrate ed approvate per poter circolare sul suolo UE) alimentati da quei 154.000 Twh ci stanno portando comunque in territori sconosciuti dal punto di vista degli equilibri naturali, al punto che qualcuno parla di crisi multiple dagli esiti imprevedibili, perche' fortemente intrecciate, da qui a pochi decenni, arrivando anche ad ipotizzare un collasso della civiltà umana.

Quindi "fate" presto a trovare queste miracolose tecnologie che riducono le emissioni complessive di gas serra (ironia), ma anche quelle che permettono di ridurre complessivamente il consumo ed il degrado della "materia" rinnovabile, a maggior ragione di quella non rinnovabile, e della biosfera nel suo complesso, visto che il nostro carico sul pianeta, anche dal punto di vista strettamente antropocentrico, e' ben oltre le sue possibilita' (overshoot) con effetti visibili gia' nel breve e nel medio termine - teniamo in conto anche che in molte aree, le cosiddette "sviluppate", gli effetti visibili sono mitigati dall'espulsione del degrado in altre aree, quelle cosiddette "in rapido sviluppo" o quele "arretrate", chissa' per quanto ancora...-, non solo per gli effetti delle emissioni e dell'inquinamento da sola produzione energetica.

Se preferiamo, possiamo dire piu' eufemisticamente che il tasso attuale di consumi e di "sviluppo as usual" ci "costringe" a cercare di abituarci, per difenderci dagli effetti, a soluzioni"meno peggio" sempre peggiori con tassi di peggioramento crescenti - scioglilingue voluto -, per "pseudo-sostenere" gli attuali stili di vita e l'attuale popolazione, sia chiaro in maniera fortemente sproporzionata all'interno e fra stati, ma questo e' un altro problema (seppure sia fermamente convinto che la matrice che non ci fa vedere la distruzione dei beni comuni sia la stessa che non ci fa vedere la distruzione di altri esseri umani).
In alternativa possiamo cercare la strada della riduzione dei consumi complessivi di materia e di energia, e forse così abbiamo la possibilità di ridurre l'impatto della caduta.
...Mentre localmente...
Se un territorio come il nostro e' in difficolta' per gli eventi estremi (piogge e raffiche di vento anomale, grandine, aumento della frequenza delle gelate dentro e fuori stagione, temperature medie in aumento, siccita' che durano oltre le medie di qualche decennio fa), per la nuova realta' climatica con tutto il suo portato di novita' specialmente in un settore primario come quella della produzione locale del nostro cibo, non dovremmo permetterci di aggiungerci del nostro, ed invece ci ritroviamo ancora con piani urbanistici e finanziamenti che favoriscono abnormi zone industriali e le loro emissioni inquinanti legali od illegali che siano in aria acqua e terreni.

Anche qui, la strada da seguire sarebbe quella dello stop del consumo di suolo e dell'antropizzazione fuori e dentro le aree protette puntando alla gestione del (tanto) esistente e che è soggetto a degrado, a partire dalla strade, passando per i servizi ferroviari ai pendolari, per finire alla messa in sicurezza dell'edilizia contro i sismi nonchè contro i rischi di dissesto idrogeologico.

Mentre invece, ecco i raddoppi stradali e ferroviari per far viaggiare le merci sempre più rapidamente, richieste ed approvazioni di trivellazioni, impiantistica speculativa nelle zone montane, che vanno a colpire altri indicatori dello stato di salute del contesto che ci circonda (che si traduce in stato di salute nostro nel giro di poco tempo) senza alcuna visione se non quella di creare posti di lavoro nella fase di "costruzione".
In un contesto del genere, l'individuazione di parchi nazionali (Parco del Matese) e di zone protette in genere (vd SIC sul Matese Sud-Orientale), oltre ad essere poco credibili (Ricordate Realacci, curriculum PD-Legambiente-Sviluppo sostenibile-green economy, e la sua legge che diceva che i parchi devono generare profitto ? E le centinaia di pale eoliche sul Matese sud-orientale in zone SIC e contigue ?), dice chiaramente: "Fuori dai parchi - diventati vere e proprie "riserve indiane" sotto assedio - scatenate pure l'inferno". Infatti non esitiamo a distruggere l'uno e l'altro.
NOTE -Da qui i numeri citati sull'energia: https://ourworldindata.org/energy-production-and-changing-energy-sources Aspetto anche da loro, comunque, le soluzioni che auspicano nella "Introduction", compatibili coi limiti del pianeta. (*) Fra le risorse non rinnovabili vanno messe nel conto anche quelle (es. fertilizzanti da sintesi chimica) che ci permettono di produrre il cibo con le rese attuali e che, al netto del sovra-sfruttamento dei suoli, della qualita' e dell'inquinamento conseguente, non saranno comunque sostenibili nel tempo non fosse altro perche' sono basate su risorse fossili (metodo Haber-Bosch per la sintesi dell'ammoniaca). (**)Molti studi mettono in dubbio che si possa sostenere con la conversione dell'irraggiamento solare la transizione energetica prevista per il 2050 necessaria a contenere le temperature entro valori non disastrosi secondo l'IPCC a causa della insufficienza (nel senso della reale possibilita' di estrarli) di molti dei minerali di cui ad esempio necessita la tecnologia fotovoltaica. Solo per citare problemi di risorse fisiche non rinnovabili che sono un collo di bottiglia difficilmente rimovibile. Sarebbero da considerare anche le classiche applicazioni che richiedono potenza e continuita' nel tempo o la portabilita' necessaria nel settore dei trasporti, ad esempio. (***) Il grafico nel primo link delle note fa vedere anche quanto siamo distanti dal "tutto" solare.