sabato 23 gennaio 2010

Fare associazionismo e impegnarsi nel volontariato fa bene alla salute e alla comunità.

Fare parte attiva di un’associazione o di un’organizzazione di volontariato può contribuire a rinsaldare una comunità troppo scissa in alcune manifestazioni, con troppi rancori antichi e chiusure.
L’associazione può diventare veramente un terreno franco, dove ognuno può riconoscersi ed esprimere le proprie potenzialità, ai vari livelli della cultura. Penso dunque anche a quelle sportive, o a quella degli anziani ecc.
Il filo comune che lega il mondo dell’associazionismo e del volontariato, nella sua forma più spassionata, è la gratuità, il dono del proprio tempo e del proprio impegno; nella sua forma più appassionata è l’energia, il piacere di fare quelle cose per il gusto di farle, di condividerle insieme agli altri, di gioire di ciò che si riesce a costruire, di crescere anche sulle difficoltà, sperimentando che si possono superare e affrontare costruttivamente e non accumulare e farle esplodere.
Dal punto di vista psicologico è stato ampiamente dimostrato che le persone che fanno abitualmente volontariato e/o associazionismo hanno maggiori capacità di resilienza (termine mutuato dalla geologia, è la capacità di resistere, senza frantumarsi, agli urti della vita), e nelle situazioni di emergenza e post-traumatiche (tipo catastrofi, terremoti, ecc) sono quelle che si riprendono prima e sono maggiormente di aiuto agli altri.
E allora, credo che ogni associazione abbia anche questa mission ulteriore: attrezzarsi a gestire la complessità, che non è solo quella inerente i rapporti interni alla propria associazione, ma è quella dei rapporti con le altre, con il paese o la città, e dunque anche con tutte quelle persone che non fanno parte di nessun gruppo, motivando talvolta tale scelta dicendo “non voglio farmi strumentalizzare”, oppure “chi ci sta dentro non mi piace”, oppure “perseguono solo gli interessi personali”.
Non credo infatti che si riesca a rimanere a lungo in un’associazione se si perseguono solo scopi personali, perché il gioco ben presto viene smascherato.
Ecco, le associazioni che funzionano, secondo me, devono lottare contro ogni forma di strumentalizzazione e di ignavia.
E’ anche vero, perciò, che ognuno deve impegnarsi al massimo per evitare di cadere in reti che non sono giuste, né servono a nessuno.
Ogni sforzo deve essere fatto per far capire a tutti che le associazioni non sono dell’amministrazione né tantomeno di una parte politica, e che, se l’amministrazione (intendo maggioranza e opposizione, non lista vincente) collabora fattivamente con le associazioni, questo non deve essere un vanto né una nota di particolare merito, bensì il riconoscimento di una azione giusta per la comunità, auspicabile sempre, al di là dei colori e delle posizioni partitiche. Le amministrazioni più sono lungimiranti (cioè dedite al perseguimento del bene comune per la comunità, e non per i propri fini), più collaborano con ogni forma di volontariato e di associazionismo, fornendo il più possibile a tutti indistintamente supporto e agevolazioni di ogni tipo.
Ogni forma di associazionismo e di volontariato è una grande ricchezza per la comunità, che non va persa, non va lasciata al caso, ma va coltivata come un patrimonio collettivo straordinariamente necessario e nutritivo.
Le associazioni consentono, con la loro vitalità, di “accumulare chicchi nel granaio per affrontare gli inverni dell’anima” (M.Yourcenair), e questi chicchi devono essere per tutti e devono poter sfamare ognuno.

Carmela Longo

domenica 10 gennaio 2010

SannioSity 2009: Contenitore vuoto ?

Abbiamo seguito, il 7 ed 8 gennaio scorso, i lavori dell’iniziativa della Provincia di Benevento “Sannio-Sity 2009: seminari di approfondimento e confronto per l’innovazione, la competitività e lo sviluppo economico del territorio” dedicati al ciclo dei rifiuti, all’acqua e all’energia.

Gli incontri su tali argomenti si sono esauriti nell’elencazione delle intenzioni e delle iniziative poste in essere dalla Provincia di Benevento, senza alcuna possibilità di dibattito e reale confronto con i cittadini intervenuti malgrado l’invito a partecipare ad una tavola rotonda aperta alle forze sociali, a meno di non intendere per forze sociali le sole associazioni “embedded” chiamate per l’occasione e che hanno rilasciato i loro commenti a loro volta chiusi ad ogni discussione.

Rifiuti

La mattina del 7 gennaio è stata dedicata al problema rifiuti, attualissimo in questi giorni a seguito della “provincializzazione” dell’emergenza”.
Pensavamo che sarebbe stato illustrato compiutamente il Piano provinciale di gestione dei rifiuti, presentato come un “originale e collettivo progetto” (?!).
In realtà Sannio-Sity si è rivelato un contenitore vuoto fin dalla premessa perché è stato presentato un insieme di “linee guida”, peraltro condivisibili e persino da noi stessi proposte insieme al coordinamento delle associazioni della Rete Arcobaleno di Benevento, ma nello stesso tempo si è preannunciata l'assenza di copertura economica. Né si è parlato di un eventuale percorso comune per definire un piano industriale.
Le linee guida su cui la Provincia si è impegnata, in sostanza, prevedono la riduzione dei rifiuti, il riciclaggio, il trattamento a freddo ed il compostaggio in loco, escludendo conferimenti fuori provincia presso altre discariche o inceneritori.

Relativamente alla riduzione “alla fonte” dei rifiuti, l’assessore all’ambiente ha riferito, fra l’altro, di aver già stipulato un accordo con la Camera di Commercio (?), senza tuttavia fornire altre informazioni in merito, e in fondo questo è stato il suo unico timido accenno al tema della riduzione.

Per quanto riguarda riciclaggio e trattamento a freddo era presente l’imprenditrice Carla Poli, che ha illustrato l’impianto del Centro Riciclo Vedelago, a suo dire facilmente replicabile a Casalduni, e che ci ha riferito che, su incarico della Provincia, sta preparando il preventivo per la riconversione dell’esistente impianto per CDR in impianto di riciclo dei materiali post-consumo. La presentazione della sig.ra Poli ha mostrato che questo tipo di impianti, che ha impatto ambientale minimo, è anche economicamente auto-sostenibile, genera posti di lavoro, produce materia prima secondaria di qualità con prevalente lavoro manuale ed immette sul mercato materiale edile certificato riducendo le estrazioni da cave.
I nemici di questo tipo di impianti” - a detta della stessa sig.ra Poli – “sono gli inceneritori e le discariche”. Noi siamo perfettamente d’accordo con lei. E sembrerebbe che lo sia anche la Provincia di Benevento. E allora, se si è scelta la strada del trattamento a freddo, per quale scopo si è tenuto l'intervento del dirigente della Provincia di Bolzano che magnificava gli inceneritori ?

D’altra parte, in attesa di mettere in pratica le linee guida enunciate, i cittadini continueranno a pagare l’emergenza, in termini di salute e di danni ambientali, ma anche in termini strettamente economici (con probabile ulteriore aumento della tassazione. A proposito, la TARSU, ad oggi, sarà provincializzata) dato che si continuerà inevitabilmente a conferire presso discariche (basterà S.Arcangelo Trimonte?), inceneritori (basterà Pozzilli?) e siti di compostaggio lontani e costosi. Intanto si parla con insistenza di “allargare” la discarica di S. Arcangelo T., “invadendo” anche il territorio di Paduli: ma chi le deve prendere, dopo la “provincializzazione” queste decisioni?
Il contenitore vuoto di Sannio-Sity è stato anche riempito dalle critiche e dalle lamentele verso la politica di governo che ha imposto l’ultimo decreto, “precipitando l’emergenza rifiuti addosso alla Provincia” come ha detto l’Assessore Aceto. Ma il nuovo Commissario per la gestione dei rifiuti, Presidente della Provincia, pur definendolo schizofrenico ed impraticabile, non ha comunque preso alcuna posizione ufficiale contro di esso, né si capisce in che modo intenda realmente procedere. Oltretutto il dato più significativo è la totale mancanza di fondi per realizzare alcunché.
Anche i nomi legati alla Società Provinciale SAMTE, appena costituita, ed al piano provinciale, non ci rassicurano: il nuovo consulente Pierobon, già collaboratore senza infamia e senza lode di Bertolaso, la Daneco che gestisce la discarica di S. Arcangelo T., e la collaborazione del Conai che si sostenta sulla produzione degli imballaggi e non certo sulla riduzione, che garanzie danno per attuare le idee pur potenzialmente valide presentate all’apertura dell’incontro?

Acqua, Suolo, Educazione Ambientale

Nel pomeriggio del 7 gennaio si è parlato di Acqua, Suolo, Educazione Ambientale.

Si è parlato della diga di Campolattaro, della necessità di salvaguardare le risorse idriche, di ridurre l’inquinamento, dei parchi fluviali, di “manutenzione”, di corridoi ecologici, di collaborazione con i vari Enti, Consorzi, Autorità, Associazioni, di controllo del territorio e di formazione.
Tutti gli interventi hanno sottolineato che l’Acqua è un bene comune e un diritto inalienabile, e che non può essere mercificata. Molto interessante l’intervento dell’Avvocato Lettera, che ha denunciato che in Italia si sta perdendo quella cultura dell’acqua che avevamo sempre avuto (il T.U. del 1933 è stato “copiato” in tutto il mondo).
Eppure non ci risulta che Sindaci e Consigli Comunali abbiano ancora deliberato contro le privatizzazioni, come richiestogli anche dal Movimento per l’Acqua, con l’eccezione, che, mai come questa volta conferma la “regola”, del comune di Cusano Mutri.
Sannio ed Irpinia - ha ricordato l’Avv. Lettera - hanno grandi risorse idriche, che dovrebbero tutelare meglio, e che però in gran parte sono “dirottate” verso la Puglia e le zone costiere della Campania: dovrebbero ricevere un serio “ristoro” per questo.

Energia

Infine, l’8 gennaio si è parlato di Energia.

E’ stato detto che la regione Campania ha un deficit di produzione di energia rispetto ai consumi (-52% secondo i dati forniti da Terna), ma non si è detto che questo deficit è riferibile quasi esclusivamente alle province di Napoli e Salerno.
E dunque, secondo tutti i relatori, anche in Provincia di Benevento, bisogna preoccuparsi di realizzare rapidamente nuovi impianti di produzione di energia elettrica, soprattutto da fonti rinnovabili, inserendo fra queste anche rifiuti e biomasse.
Insomma, come per l’acqua, bisogna produrre qui (anche con le relative emissioni inquinanti e il depauperamento delle risorse) quello che poi va consumato altrove.
Il contrario dei rifiuti, che prodotti altrove, vengono smaltiti in gran parte nel Sannio e in Irpinia.
E’ stato anche detto che mentre nel passato l’energia arrivava nelle regioni meridione dal nord Italia, questa tendenza va ora invertendosi.
Così l’Assessore Bello ha ribadito che è intenzione della Provincia, come da delega della Regione, rilasciare le Autorizzazioni per impianti di produzione di energie rinnovabili in soli 60gg per potenze di 1 MW (solare, eolico) e 5 MW per le biomasse.
Eppure contro le centrali a biomasse, che la Regione voleva autorizzare in provincia di Benevento, i cittadini hanno fatto delle dure battaglie, appoggiate da tutte le istituzioni e i politici locali.

Perché allora si insiste su questa strada?

Inoltre alcuni relatori, direttamente coinvolti nelle procedure di aggiornamento del PEA (Piano Energetico Ambientale della Provincia), hanno chiaramente parlato anche di produzione di energia dalla combustione dei rifiuti.
Altri hanno parlato di produzione agricola intensiva per bio-combustibili (biomasse).
Contro questi progetti, ancora una volta, esprimiamo tutta la nostra contrarietà e chiediamo che i cittadini vengano ascoltati e coinvolti prima di assumere decisioni.
Si è parlato anche di risparmio energetico e di iniziative in tal senso, soprattutto per le utenze pubbliche, ormai imminenti in tutte le province meridionali, ed è stato detto che la riduzione dei consumi, l’efficienza energetica e delle reti di trasmissione deve essere la principale azione da perseguire.

Noi aggiungiamo che sempre più, l’energia deve essere prodotta, da fonti rinnovabili (sole, vento, acqua), lì dove viene consumata, privilegiando piccoli impianti diffusi, soprattutto realizzati e gestiti dai privati utilizzatori, e non assecondando le logiche commerciali che vedono l’energia, al pari di tutti i beni essenziali, come una fonte di profitto o peggio ancora di speculazione (vedi il progetto della Società “La Luminosa”).
Si conferma, al contrario, che dietro certe logiche ci sono interessi fortissimi e pressioni enormi.
Il Presidente di Confindustria Benevento (lui stesso ha detto di fare “lobby”) ha chiesto procedure rapide e ha riferito che ci sono progetti già pronti e imprenditori pronti ad investire e si è spinto a chiedere che tutte le procedure autorizzative siano delegate dalla regione alla Provincia. Inoltre ha chiesto “canali privilegiati” per i finanziamenti agli imprenditori locali: secondo Lui, dato che per la crisi si perdono posti di lavoro a decine di migliaia, i funzionari dovrebbero fare i turni per erogare i finanziamenti!
Ma c’è qualche imprenditore qui che, come Carla Poli, senza finanziamenti pubblici, e quindi rischiando le proprie risorse, siano capaci di fare impresa? O pensano di poter continuare a fare gli imprenditori solo con i soldi dei cittadini?
L’Assessore Bello, nell’introdurre i lavori, ha fatto una gaffe, dicendo: con queste iniziative sull’energia “voglio dare una spinta alla crisi economica”! Voleva di certo dire il contrario, ma se pensa effettivamente di autorizzare in 60 giorni centrali a biomasse, certamente darà un duro colpo al turismo e all’agricoltura, che sono le imprese e le risorse che più bisognerebbe tutelare e che meglio stanno reggendo la crisi.

Nostre conclusioni

In questi seminari abbiamo notato che i nostri politici sprecano, puntualmente, ogni possibile occasione di confronto con i cittadini. Le nostre richieste di partecipazione alle decisioni, prima che esse vengano prese, sono sempre disattese e sostituite da inviti falsi e strumentali, utili solo per declamare un’apparente democrazia. Tutto questo dimostra l’incapacità o la paura di ascoltare e confrontarsi proprio con coloro che sono i destinatari delle scelte, nonché i primi attori delle pratiche che possono renderle concrete. Le nostre critiche sono state condivise anche dai sindaci presenti, che hanno lamentato la mancata possibilità di intervenire ai lavori.
Di tutto questo, però, non vi è alcuna traccia nei resoconti che ne sono seguiti.
In occasioni del genere ci si aspettano strategie ed obiettivi unitari da parte dell’amministrazione proponente, mentre in realtà viene fuori con evidenza un’incoerenza di fondo e l’incapacità di comunicare una visione condivisa se, ad esempio, un giorno un assessore enfatizza l’avversione all’incenerimento dei rifiuti e il giorno dopo un altro assessore parla di energie dai rifiuti e dalla combustione.
I politici, purtroppo, dimenticano spesso che la ragione della loro presenza nelle istituzioni è quella di lavorare per l’interesse collettivo, per tutti i cittadini. E che sono i cittadini che dovranno giudicare il loro operato.
Oggi ci chiediamo, ancora una volta: verrà data la possibilità ai cittadini di discutere il piano industriale sui rifiuti prima che esso venga deciso? Si discuterà anche con i cittadini, e non solo con gli “addetti ai lavori”, il prossimo Piano energetico della Provincia? Insomma, si darà ascolto alle istanze dei territori, o si continua a pensare di poter governare a prescindere dai governati, sperando nella conveniente disinformazione e disattenzione dei destinatari di approssimative e contraddittorie dichiarazioni di intenti?
In incontri tanto enfatizzati come strumento di rilancio del territorio e dimostrazione di capacità di governo innovativo e democratico, ci saremmo aspettati amministratori preparati alla gestione ordinaria, in tante occasioni lamentata e fortemente richiesta, e con una visione chiara ed alternativa condivisibile. Ci siamo ritrovati con la solita approssimazione e mistificazione.
Siamo convinti, però, che senza la comoda copertura del commissariamento, finito per davvero, con grande meraviglia di chi sperava di continuare a nascondersi dietro di esso, i nostri amministratori non potranno evitare di assumersi le loro responsabilità e saranno costretti finalmente a dar conto delle modalità e delle conseguenze delle loro scelte.


La sig.ra Carla Poli su youtube:



-http://www.centroriciclo.com/

-http://www.centroriciclocolleferro.it/

Erika Farese per BN ecosolidale:
-http://beneventoecosolidale.wordpress.com/2010/01/08/vedelago-e-bolzano-due-diverse-concezioni-del-rifiuto/


mercoledì 6 gennaio 2010

LA NUOVA RIFORMA DEL PUBBLICO IMPIEGO

Furio Colombo sul Ministro Brunetta (il Fatto Quotidiano – martedì 29 dicembre 2009): “Sono del parere che nessuna idea dello strano e iperesibizionista ministro Brunetta sia buona. Il suo principale impegno nella vita pubblica è dimostrare di essere scandalosamente geniale in un mondo di mediocri. Forse non ha torto quando parla dei suoi colleghi ministri e sottosegretari, ma l’universo con il quale è in grado di confrontarsi e di primeggiare finisce lì. Un carattere tipico delle idee di Brunetta è un naturale spirito malevolo che infetta chi commette il fatale errore di prestargli attenzione”.
Concordo con il giornalista in questo suo giudizio, ed aggiungo che Brunetta ha oggi tanta popolarità solo perché è stato esageratamente furbo ad appropriarsi indebitamente di un processo di innovazione della P.A. che è stato avviato molto tempo fa da Bassanini (governi dell’Ulivo 1996-2001), e che, dopo la pausa della legislatura 2002 – 2007 (Berlusconi), era stato riavviato da Nicolais (nella breve durata dell’ultimo governo Prodi – 2007).
Brunetta, riprendendo un tormentone introdotto da Ichino (ex CGIL – ora nel PD), ha preso ad attaccare tutti i dipendenti pubblici indiscriminatamente, rompendo il fronte sindacale, fiancheggiando la distruzione dei servizi pubblici a favore delle privatizzazioni ed arrivando recentemente a proporre persino la modifica dell’articolo 1 della Carta Costituzionale: come in una vignetta di Mauro Biani (l’unità), secondo Brunetta “l’Italia deve essere un paese fondato sul libero mercato della concorrenza meritocratica riformata dall’amore contro i fannulloni dell’odio buonista”.
Chiarito ciò, a scanso di equivoci, devo tuttavia anche dire che il recente Decreto Legislativo n.150/2009 (prende il nome da Brunetta – ma in buona parte il testo del decreto era stato già preparato al Ministero durante il breve periodo in cui è stato ministro Nicolais), che va a modificare in modo significativo il precedente Decreto 165/2001 (Bassanini – norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), detta importanti disposizioni in materia di pubblico impiego, e molte di queste, dovendo essere applicate da subito anche dagli enti locali, ci interessano in modo particolare.
Vediamone sommariamente alcune, per farci un’idea dell’impatto sul funzionamento di tutte le pubbliche amministrazioni, e quindi anche dei Comuni.

All’articolo 1 – comma 2, si legge: “Le disposizioni del presente decreto assicurano una migliore organizzazione del lavoro, il rispetto degli ambiti riservati rispettivamente alla legge e alla contrattazione collettiva, elevati standard qualitativi ed economici delle funzioni e dei servizi, l'incentivazione della qualità della prestazione lavorativa, la selettività e la concorsualità nelle progressioni di carriera, il riconoscimento di meriti e demeriti, la selettività e la valorizzazione delle capacità e dei risultati ai fini degli incarichi dirigenziali, il rafforzamento dell'autonomia, dei poteri e della responsabilità della dirigenza, l'incremento dell'efficienza del lavoro pubblico ed il contrasto alla scarsa produttività e all'assenteismo, nonché la trasparenza dell'operato delle amministrazioni pubbliche anche a garanzia della legalità”.

Le finalità della Legge, dunque, sono giuste: chi nella P.A. ha sempre “tirato la carretta” anche per i “fannulloni”, che indubbiamente ci sono, non può che condividere!

I principi generali sono indicati all’articolo 3:
comma 2: “Ogni amministrazione pubblica e' tenuta a misurare ed a valutare la performance con riferimento all'amministrazione nel suo complesso, alle unità organizzative o aree di responsabilità in cui si articola e ai singoli dipendenti, …”
comma 3: “Le amministrazioni pubbliche adottano modalità e strumenti di comunicazione che garantiscono la massima trasparenza delle informazioni concernenti le misurazioni e le valutazioni della performance”.
comma 4: “Le amministrazioni pubbliche adottano metodi e strumenti idonei a misurare, valutare e premiare la performance individuale e quella organizzativa, secondo criteri strettamente connessi al
soddisfacimento dell'interesse del destinatario dei servizi e degli interventi”.
comma 5: “Il rispetto delle disposizioni del presente Titolo e' condizione necessaria per l'erogazione di premi legati al merito ed alla performance”.

Riportiamo infine il comma 1 dell’articolo 11 (Trasparenza): “La trasparenza e' intesa come accessibilità totale, anche attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti istituzionali delle amministrazioni pubbliche, delle informazioni concernenti ogni aspetto dell'organizzazione, degli indicatori relativi agli andamenti gestionali e all'utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, dei risultati dell'attività di misurazione e valutazione svolta dagli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità. Essa costituisce livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione”.

Se questo strumento sarà ben utilizzato, potrà indubbiamente favorire la “governabilità” anche degli Enti Locali.
Qui il testo integrale del decreto: http://www.box.net/shared/fiqintd0q7

Pierluigi Santillo

martedì 5 gennaio 2010

Il cimitero dei computer: video denuncia sull’e-waste

Gennaio 4, 2010 di Erika Farese

La tecnologia ha un ciclo di vita molto breve: questo significa che ogni anno gli uomini producono una mole enorme di “rottami tecnologici”; la stessa cosa, con cicli di vita più lunghi, si può dire delle server farm disperse in tutto il mondo, con un impatto ambientale notevole.

Per quanto tempo sarà sostenibile questo modello?
Che tipo di azioni si possono intraprendere per migliorare la situazione?
Quali sono le regole per un corretto smaltimento dei rifiuti tecnologici?
Esistono soluzioni creative per aumentare il ciclo di vita di un computer o di un suo componente?

Le risposte a queste domande sono contenute nel seguente filmato.

Video: Il cimitero dei computer

(in caso di mancata visualizzazione http://current.com/items/91660866_file-7-il-cimitero-dei-computer.htm )

Oggi una nazione intera, come il Ghana, è usata come discarica dei rifiuti elettronici nocivi.

Le stime Onu parlano di 20-50 milioni di tonnellate di rifiuti ogni anno, contenenti elementi tossici che mettono a rischio ambiente e salute umana.

Già negli anni passati gli slum africani venivano utilizzati come pattumiera dei veleni dei paesi ricchi, nacquero i primi vani tentativi di bloccare il traffico, come la rivolta dei nigeriani che, esattamente vent’anni fa, sequestrarono una nave italiana, con 24 uomini di equipaggio, come arma di pressione per costringerci a risanare la discarica pirata di Port Koko. Adesso ci risiamo.

Nella versione tecnologicamente avanzata dell’e-waste, il rifiuto elettronico fluisce sempre più abbondante. La nuova pattumiera del mondo industrializzato è il Ghana: è qui che finisce una buona parte degli oggetti che fino a un istante prima dell’abbandono sembravano indispensabili e che all’improvviso si sono rivelati inutili, cancellati nella possibilità d’uso da memorie più potenti, software più avanzati.

Greenpeace, attraverso le sue denuncie, è riuscita a ricostruire il percorso delle nuove navi dei veleni. Il punto di partenza per l’Europa è Anversa, in Belgio, dove confluiscono scarti elettronici provenienti da Olanda, Germania, Italia, Danimarca e Svizzera. Non si tratta di piccoli numeri. Le stime Onu parlano di 20-50 milioni di tonnellate di rifiuti tecnologici prodotti ogni anno: i Raee, ovvero i rifiuti derivanti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, rappresentano la tipologia di rifiuti pericolosi in più rapida crescita a livello globale (3-5% annuo, nel 2006 ogni cittadino europeo ne ha prodotto tra 17 e 20 chili all’anno). Contengono elementi tossici e persistenti (metalli pesanti, ftalati, pcb) che rappresentano un rischio per l’ambiente e la salute umana nelle fasi di trattamento, riciclaggio e smaltimento.

Oggetti pericolosi trattati senza nessuna precauzione anche da bambini, materiale tossico bruciato vicino alle case, pozze di liquame contaminato in cui tutti sguazzano. E’ questa la fine che fa una buona parte dell’e-waste occidentale: si perdono le tracce del 75 per cento dei rifiuti tecnologici prodotti nell’Unione Europea e di oltre l’80 per cento di quelli prodotti negli Stati Uniti. In parte restano nei garage e nelle cantine, in parte vengono smaltiti illegalmente nei paesi in cui sono stati usati, ma in buona parte salgono sulle navi dei veleni per arrivare nei luoghi in cui i lavoratori, spesso bambini, sono esposti ai rischi legati al cocktail di composti chimici che questi rifiuti sprigionano quando vengono trattati in modo non adeguato.

In Ghana l’indagine di Greenpeace ha messo in evidenza una rete di cimiteri clandestini. Le navi ufficialmente cariche di “beni elettronici di seconda mano” arrivano nel più grande porto del paese, a Tema, e da lì prendono la strada del centro di smaltimento di Agbogbloshie, ad Accra, la capitale. Oppure si sperdono nel marasma dei piccoli cimiteri sparsi un po’ ovunque. Il team scientifico di Greenpeace ha visitato due aree di smantellamento e di riciclaggio illegale, una appunto al mercato di Agboblogshie, nella capitale Accra, e l’altra nella citta’ di Korforidua. I campioni, prelevati sia da aree dove i rifiuti vengono bruciati all’aperto che da una laguna superficiale ad Abogblogshie, contengono metalli tossici come il piombo anche in quantita’ cento volte superiore ai livelli trovati in campioni di suolo e sedimenti non contaminati. Nella maggior parte dei test sono stati trovati gli ftalati, sostanze conosciute per interferire con il sistema riproduttivo. Presenti in un solo campione in concentrazioni molto elevate le diossine clorurate, noti composti cancerogeni. La natura e l’estensione della contaminazione chimica dei siti africani e’ simile a quella trovata in un’altra indagine di Greenpeace condotta in aree di smantellamento di rifiuti elettronici in Cina e India.

Container pieni di vecchi computer spesso rotti, monitor e TV di varie marche come Philips, Sony, Microsoft, Nokia, Dell, Canon e Siemens arrivano in Ghana da Germania, Corea, Svizzera, Olanda e Italia sotto la falsa veste di “beni di seconda mano”. Ma la maggior parte del contenuto di questi container finisce nei cantieri africani dove i rifiuti vengono trattati e bruciati a mani nude dai giovani lavoratori. Questo “riciclo”, fatto in modo molto grossolano, ha lo scopo di estrarre parti metalliche, principalmente alluminio e rame, che poi vengono rivendute per circa 2 dollari ogni 5 chili. Un metodo che non solo inquina l’ambiente ma che espone gli operai a fumi e ceneri potenzialmente tossiche.

I Paesi ricchi continueranno ad avvelenare i Paesi più poveri del mondo fino a quando le aziende non elimineranno le sostanze pericolose dai loro prodotti elettronici e non si assumeranno la responsabilità di gestire l’intero ciclo di vita di un articolo di consumo.



Erika Farese