Fare parte attiva di un’associazione o di un’organizzazione di volontariato può contribuire a rinsaldare una comunità troppo scissa in alcune manifestazioni, con troppi rancori antichi e chiusure.
L’associazione può diventare veramente un terreno franco, dove ognuno può riconoscersi ed esprimere le proprie potenzialità, ai vari livelli della cultura. Penso dunque anche a quelle sportive, o a quella degli anziani ecc.
Il filo comune che lega il mondo dell’associazionismo e del volontariato, nella sua forma più spassionata, è la gratuità, il dono del proprio tempo e del proprio impegno; nella sua forma più appassionata è l’energia, il piacere di fare quelle cose per il gusto di farle, di condividerle insieme agli altri, di gioire di ciò che si riesce a costruire, di crescere anche sulle difficoltà, sperimentando che si possono superare e affrontare costruttivamente e non accumulare e farle esplodere.
Dal punto di vista psicologico è stato ampiamente dimostrato che le persone che fanno abitualmente volontariato e/o associazionismo hanno maggiori capacità di resilienza (termine mutuato dalla geologia, è la capacità di resistere, senza frantumarsi, agli urti della vita), e nelle situazioni di emergenza e post-traumatiche (tipo catastrofi, terremoti, ecc) sono quelle che si riprendono prima e sono maggiormente di aiuto agli altri.
E allora, credo che ogni associazione abbia anche questa mission ulteriore: attrezzarsi a gestire la complessità, che non è solo quella inerente i rapporti interni alla propria associazione, ma è quella dei rapporti con le altre, con il paese o la città, e dunque anche con tutte quelle persone che non fanno parte di nessun gruppo, motivando talvolta tale scelta dicendo “non voglio farmi strumentalizzare”, oppure “chi ci sta dentro non mi piace”, oppure “perseguono solo gli interessi personali”.
Non credo infatti che si riesca a rimanere a lungo in un’associazione se si perseguono solo scopi personali, perché il gioco ben presto viene smascherato.
Ecco, le associazioni che funzionano, secondo me, devono lottare contro ogni forma di strumentalizzazione e di ignavia.
E’ anche vero, perciò, che ognuno deve impegnarsi al massimo per evitare di cadere in reti che non sono giuste, né servono a nessuno.
Ogni sforzo deve essere fatto per far capire a tutti che le associazioni non sono dell’amministrazione né tantomeno di una parte politica, e che, se l’amministrazione (intendo maggioranza e opposizione, non lista vincente) collabora fattivamente con le associazioni, questo non deve essere un vanto né una nota di particolare merito, bensì il riconoscimento di una azione giusta per la comunità, auspicabile sempre, al di là dei colori e delle posizioni partitiche. Le amministrazioni più sono lungimiranti (cioè dedite al perseguimento del bene comune per la comunità, e non per i propri fini), più collaborano con ogni forma di volontariato e di associazionismo, fornendo il più possibile a tutti indistintamente supporto e agevolazioni di ogni tipo.
Ogni forma di associazionismo e di volontariato è una grande ricchezza per la comunità, che non va persa, non va lasciata al caso, ma va coltivata come un patrimonio collettivo straordinariamente necessario e nutritivo.
Le associazioni consentono, con la loro vitalità, di “accumulare chicchi nel granaio per affrontare gli inverni dell’anima” (M.Yourcenair), e questi chicchi devono essere per tutti e devono poter sfamare ognuno.
Carmela Longo
Sono d'accordo. Quando si ha una mission comune è più facile aggregarsi e condividere. Nelle associazioni, di qualsiasi genere, i problemi condivisi diventanto comuni e risolti con maggiore facilità. Un vettore positivo, quindi, che consente anche di riavvicinarsi "gomito a gomito".
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