martedì 6 febbraio 2024

Normalità, insieme...

Da allora, Pie', ci siamo persi la normalità della neve sul Matese, insieme. Era presente tutto l'inverno. Sono rimasto a raccontarlo.

giovedì 4 maggio 2023

Sviluppo sostenibile e crescita verde: ossimori

 Trovate a questo link le slide che ho presentato in occasione di un incontro sulla sostenibilità (Titolo: "Sviluppo sostenibile") - partecipato da studenti di ingegneria - come parte di un'inizativa più ampia  di divulgazione gestita dall'associazione Perlatecnica, essendo stato invitato a titolo gratuito dal mio amico Mauro D'Angelo.

Con queste slide - dal titolo "Sustainable development and green growth: oxymorons ?" - mostro un percorso che va dall'idea malsana ed antiscientifica di transizione ecologica tradotta mediaticamente come transizione energetica, passando per le soluzioni, considerate salvifiche, della questione climatica basate sullo sviluppo tecnologico, accennando al riciclo ed ai suoi limiti, fino ad arrivare ai dati ed alle pubblicazioni che mostrano che non esiste sostenibilità in un sistema votato alla crescita senza limiti.
Il messaggio di fondo rivolto ai futuri ingegneri è che per quanto ci possiamo sforzare di creare prodotti e soluzioni singolarmente sempre più efficienti nei consumi, se come cittadini e come entità politiche non ci poniamo dei limiti accettando anche di andare contro il mito della crescita economica di cui tutte le aziende sono intrise indistintamente, con tutto quanto ne consegue, ci allontaneremo sempre più dai confini planetari che abbiamo già sforato.
I confini planetari e le leggi della fisica a cui la biosfera è soggetta, diversamente dai modelli di relazioni sociali ed economiche, non si possono scegliere.

F.P.









lunedì 6 febbraio 2023

domenica 6 febbraio 2022

Il sale

Il sale del nostro viaggiare insieme.

Sarebbe stato il classico periodo in cui avrei preso da te. 
Avrei provato a condividerti la pressione che sento addosso per alleggerire un po' della mia.
Manno', non avrei preso da te.
Non ce lo potevamo permettere. Non ci era permesso.
Saremmo finiti con l'alleggerircela l'uno all'altro.
"France', non esistono percorsi ad una sola direzione."

Il sale del nostro viaggiare insieme.

giovedì 6 gennaio 2022

Rotto

La narrazione covid/vaccini governativa ha rotto.
(Come rompono tutte le narrazioni governative, che ormai non ammettono repliche neanche per finta)

Il green pass ha rotto.

Gli obblighi vaccinali hanno rotto.

La rigidità e la melassa paralizzante che queste 3 hanno calato sulle nostre teste ci arrecano molti più danni nel medio-lungo termine rispetto agli eventuali benefici sanitari, nel breve, dei vaccini.

Se ti sbilanci con operazioni intrinsecamente rigide di questo tipo (arrivando agli obblighi, prima subdoli poi espliciti), e poi vieni glorificato come un eroe dai media, puntando tutto su queste 3 (e metto da parte le ragioni economiche che esercitano pressioni sulle scelte, per usare eufemismi) come fai a tornare sui tuoi passi non appena ti accorgi che l'efficacia di una delle 3 viene smentita dalla realtà, condizione molto probabile in contesti come quello attuale di estrema difficoltà, di incertezza e di scarsa possibilità di controllo a causa della scarsa conoscenza del fenomeno ?

Come vi immaginate un dietrofront se si scoprisse che con Omicron (ammettiamo anche che dal wild-type fino al Delta si siano centrati tutti gli obiettivi politico-vaccinali possibili) la dose booster è pressochè inutile sia per ridurre i contagi che per ridurre la gravità per alcune fasce di età, nello specifico i minori che abbiamo assoggettato al green pass anche solo per mettere la testa fuori la finestra ?

E se si scoprisse dopo un anno che un richiamo ogni 6 mesi (per restare sugli obblighi, non parliamo dell'intervallo di tempo consigliato e/o della reale durata efficace contro i casi severi) è controproducente ?

E se si scoprisse che mentre vacciniamo ad esempio in Italia 50 milioni di persone ogni 6 mesi (???) quando nel resto del mondo non si vaccina e, anche secondo la narrazione attuale, per questo motivo si producono continuamente varianti ?

E se dopo aver superato l'ondata invernale in corso confermiamo le restrizioni aggiuntive previste per il green pass, in controtendenza con quanto annunciato da altri Paesi che invece allentano i vincoli, compresi quelli sui vaccini, quando i numeri lo permettono ?

Qual è il senso di estendere la durata del green pass magari indefinitamente come si vocifera, se non quello di tenerci indefinitamente a portata di controllo qualunque siano le evoluzioni ?

Sono domande espressamente politiche, non scientifiche, le mie, lo premetto prim'ancora di essere attaccato più o meno esplicitamente sulla infondatezza scientifica delle mie domande da parte di chi non è in grado di scindere l'operazione vaccino dal vaccino.

Sono domande che evidenziano contraddizioni e quindi toglieteci l'obbligo indeterminato subdolo ed esplicito ai richiami vaccinali. E partiamo dai ragazzi. 

Fateci scegliere, preferisco correre il rischio della scelta visto che ci vacciniamo "politicamente" anche se non si riduce la trasmissibilità, preferisco che si senta la mia pressione politico-sociale, quella di tutti sulla sanità e sulla ricerca pubblica, che si sblocchi la ricerca e la "concorrenza" offerta da altre possibilità, che non siano coinvolti tutti ad alzo zero per mera necessità retorica (lasciamo perdere per un attimo quella economica).

Il gioco di delegare il cervello, a maggior ragione a chi pone obblighi, non vale mai la candela, anche stavolta.


Francesco P.

giovedì 26 agosto 2021

Crisi ecologiche: "la tecnologia risolve"

I seguenti indicatori di stato della salute della biosfera mostrano una crisi ecologica congiunta, vale a dire che mostrano, presi tutti insieme, che siamo già adesso in uno stato situato oltre i confini planetari, in un territorio, cioè, sconosciuto rispetto agli ultimi 10-12 millenni in cui si è mossa la civiltà umana:

- Tasso di alterazione dei suoli
- Tasso di emissioni di climalteranti
- Tasso di estinzioni di specie
- Tasso di alterazione dei cicli chimici naturali (carbonio, azoto, fosforo)

Ed in più, per quanto non ci siano soglie concordate vista la complessità e l'enorme varietà delle composizioni chimiche delle sostanze in circolazione, va considerato il tasso di dispersione di inquinanti in ambiente a cui contribuiscono rifiuti, emissioni in atmosfera, nelle falde e nei suoli in vari settori delle attività umane che di certo appaiono tutt'altro che entro i limiti della sostenibilità, visti i tanti report scientifici pubblicati in merito.
(cfr. Studi dello Stockholm Resilience Center per gli indicatori ecologici summenzionati)

In questo stato ha molto poco senso parlare di un solo aspetto ecologico alla volta (tipo "meglio solo questo che niente"): oggi ad esempio nei media prevalgono, relativamente, le emissioni dei climalteranti causate principalmente dai sistemi di produzione energetica,  ma garantire lo stesso (se non di più) ammontare di energia anche per il futuro, per quanto "verde" possa essere, vuol dire continuare a garantire l'aggravarsi del carico complessivo sul pianeta con ciò che tale quantità di energia alimenta (obsolescenze tecnologiche sempre più frequenti, nuovi scavi e miniere, produzione di merci e di rifiuti, nuove emissioni da chimica sintetica, occupazione di nuovo suolo, ecc) con buona pace degli altri indicatori in crisi, che significa continuare ad avvcinarsi alle condizioni che innescheranno comunque un collasso ecologico legato a condizioni climatiche già complesse, unite all'accelerazione delle estinzioni di specie e delle quantità di ecosistemi compromessi.
Tutto quanto sopra, o non è sufficientemente chiaro perché presi da altre priorità, o è chiaro e si è in malafede per interessi, o ci troviamo nel girone infernale del "wishful thinking" (si crede ciò che si desidera, senza basarsi sulla realtà, "non potrà mai accadere") che contribuisce a tenere bassa l'attenzione e la classificazione di priorità.

Presi insieme, ad ogni modo, quegli indicatori dicono che si deve necessariamente ed urgentemente ridurre i consumi totali di materia e di energia per provare a rientrare nei confini, non si può provare a controllarne uno trascurando o addirittura degradando gli altri: il risultato che gli studiosi delle dinamiche ecologiche prevedono resta sempre il collasso.
Ma non esiste tecnologia che permetta una diminuzione di consumi di materia ed energia in un sistema votato alla crescita (economica). Lo confermano sia molti studi indipendenti che i report di agenzie istituzionali europee.
Al limite le tecnologie possono intervenire sull'efficienza relativa e sul disaccoppiamento relativo nei consumi (agevolare risparmi unitari), il resto lo dobbiamo fare noi nella ricerca e nella scelta, sia individuale che a vari livelli di comunità, della sufficienza e del limite con le conseguenti implicazioni politiche, in modo da evitare che i risparmi unitari non vengano vanificati da crescite globali, dovute ad obsolescenze sempre più frequenti e da proliferazioni di massa con demografie crescenti.
Ad ogni modo è una questione di cosa fare e come, non di se decrescere.

Passare a nuove tecnologie di massa (5G, IoT, DVB-T2, Auto elettriche, TAV, blockchain, per indicarne alcune), per vere o presunte nuove comodità, passare a tecnologie vero- o presunto-verdi per assecondare i fabbisogni energetici e di materia senza porsi limiti e senza tenere presenti gli indicatori di cui sopra insieme a ciò che rappresentano è catastrofico.
Facciamoci caso: in ogni piano di transizione aggettivata come "ecologica" che prova a dispiegare queste soluzioni non sono presenti valutazioni e monitoraggi di indicatori ecologici, ma indicatori economici e stato di avanzamento del dispiegamento di opere, tecnologie ed infrastrutture.
Credere che le soluzioni risiedano in economia circolare, riciclo, rinnovabili che rimpiazzano tout court le fossili, tecnologie che dematerializzano, senza relazionarle e ricondurle ad una diminuzione del volume complessivo delle attività umane è catastrofico.
Sperare od essere indifferenti alla crescita dei consumi pro-capite in alcune aree del mondo ed in alcune fasce sociali è catastrofico.
Sperare od essere indifferenti alla crescita demografica in molte aree del mondo, è catastrofico.
Dire "il capitalismo, il mercato ed il liberismo non lo permetteranno" è catastrofico.
Bisogna essere consapevoli dell'urgenza e del tipo di urgenza, prima di dire chi permetterà cosa.

Francesco P.

sabato 29 maggio 2021

Biodinamico antiscientifico...ha parlato lo scientifico...ha parlato

In occasione dell'approvazione del DDL sull'agricoltura biologica (DDL 988 - "Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell'acquacoltura con metodo biologico") è partito un "dibattito" sul biodinamico e sull'istituzionalizzazione di pratiche che possono o non possono avere un senso scientifico in ambito agronomico: premetto col sorriso beffardo che corni, fasi lunari, vesciche non fanno parte della nostra pratica familiare. Il biodinamico non mi appassiona, ma il dibattito mi fa incazzare per la piega presa perché arriva trainato da un'altra serie di attacchi nel campo agricolo condotti grosso modo dalle stesse persone e con le stesse modalità, nell'estate scorsa nei confronti del biologico in occasione delle prime discussioni al Senato della stessa legge.

C'è la questione di cosa (non) portano avanti di scientifico, infatti, persone come la Cattaneo (che ha votato contro il DDL 988 ed è un pò il personaggio più in vista in questi dibattiti, essendo senatrice e biologa) in ambito agricolo. La Cattaneo fu tra le prime a parlare contro il biologico dichiarandolo una "favola bella ed impossibile". Non sono un fan nemmeno del biologico, ci sono pratiche meno impattanti, più rigenerative, soddisfacenti, belle, e che tengono conto di più indicatori ecologici così come sono più articolate ed adattabili in base al territorio, rispetto alla rigidità prevista da un protocollo a cui contribuisce la necessità di una certificazione. Ad ogni modo le critiche al biologico sono le stesse che continuamente si ripetono, più in generale, per le pratiche alternative al "convenzionale".

Le critiche sostanziali al biologico mosse dalla Cattaneo erano e sono sulle rese agricole basse rispetto all'agricoltura convenzionale, basata su ed evolutasi dalla "rivoluzione verde" (fondata su pesticidi, diserbanti e fertilizzanti da sintesi chimica, nonché sull'uso di macchine pesanti) oltre che sul falso senso di qualità dato dal biologico, i falsi biologici/truffe, i prezzi.
Mi soffermo sulle rese, è un concetto trasversale alle pratiche agricole, non vale solo per il biologico contro l'agrindustriale.
La questione rese agricole è una falsa questione se non la rapporti ai tempi e agli indicatori ecologici fondamentali alla vita che ne sono impattati.
Se su un suolo produci 80 per tempi lunghi rispetto ai tempi umani (>100 anni), ottieni molto di più rispetto a produrre 100 per 20 anni per poi dover passare ad altri terreni perché hai "esaurito" il tuo suolo di partenza. Un danno irreversibile, di fatto.
Questa che sembra una esemplificazione infantile in realtà si riflette nei dati FAO che mostrano che la quantità di superficie agricola è rimasta sostanzialmente la stessa negli ultimi 30 anni (intorno ai 4.8 mld di ha, dopo una crescita esponenziale dei precedenti 100 anni), ma si deforesta, si occupa suolo e si coltiva in posti dove prima non si arrivava: quindi evidentemente tanto si abbandona da un lato, per basse rese/esaurimento, spesso irreversibilmente, e tanto si occupa altrove.
Non solo: hai lasciato nel terreno e nelle falde un mix di chimica da sintesi che continua a cumularsi, procurando anossie nei corpi idrici ed inquinamento da mix chimico sintetico che incide sulla nostra salute e su quella delle altre specie e quindi sulla rigenerazione di vita e suoli (le estinzioni di specie sono, insieme al clima, la crisi ecologica più grande in corso).
Non basta: hai usato risorse fossili, non rinnovabili perché fosfati (minerali) e nitrati (da processi che passano per il metano) tali sono, così come a base di fossili sono sia il ricorso a mezzi sempre più grandi e sofisticati sia le traversate dei prodotti agricoli da una parte all'altra del mondo. Il tasso di alterazione dei cicli dell'azoto e del fosforo sono anch'essi fra gli indicatori ecologici oltre soglia critica secondo le scienze ambientali.

Su questi aspetti scientifici, ampiamente documentati in molte ricerche pubblicate e peer reviewed, siamo invece molto indietro nella pratica, ma anche nella teoria se una senatrice-scienziata come la Cattaneo prende tanti plausi, se sulla sua stessa linea si schierano centinaia di scienziati spaccando il capello in quattro sui corni e se nel frattempo non ci si guarda intorno ad osservare il degrado degli ecosistemi a cui contribuiscono pesantemente le pratiche agricole più diffuse che non sono certo quelle biodinamiche o biologiche.
Il prossimo passo di progresso (sono un progressista) dovrebbe essere alimentato dalla comprensione dell'accelerazione rapida degli effetti dell'approccio "rivoluzione verde" all'agricoltura, di cui ho fatto cenno, e che molto probabilmente comporterà, dopo il cappottamento sociale in corso (agricoltura diffusa in via di estinzione e proletariato agricolo sempre più sfruttato), anche quello fisico, se non facciamo passaggi sull'agro-ecologia prendendo quanto di buono c'è nella permacultura, nell'agricoltura naturale, l'agri-forestry, dalla stessa "criminale" biodinamica. Dove a prevalere, cioè, non sia l'idea del sempre di più, del più presto, dell'ovunque ma del sufficiente, del quando si può, del dove si può, del limite, del rigenerativo e del duraturo.

Francesco P.

sabato 24 aprile 2021

Come degradare un territorio

L'agricoltura e l'autoproduzione di cibo per uso familiare e per scambi non scompaiono da un territorio perché il suolo viene cementificato al 100%. Non ce n'è bisogno, basta di meno, molto di meno.
Ci sono punti di non ritorno, superati i quali, si innesca una spirale che si autoalimenta fino a ritrovarsi  in poco tempo, nel giro di qualche lustro, in un territorio da periferia urbana abbandonata a se stessa.

Basta anche solo "promettere" insediamenti industriali, strade, nuove ferrovie, logistica, traffico.
In pratica il suolo agricolo e la cultura che ne contraddistingue il territorio scompaiono per asfissia. Gli vengono sottratte maestranze, attrezzi, artigiani e poi con loro vanno via le aspettative, il linguaggio, le conoscenze e le relazioni.
Ed è un attimo che un territorio che prima produceva frutta, ortaggi, cibo, odori, un minimo di bellezza, di varietà e di colori, insieme ai rapporti umani, poi si veste di grigio per non toglierselo mai più.


A voler fare una analogia con altri ecosistemi, pensiamo ad una foresta imponente come quella amazzonica, non serve tagliare tutti gli alberi per portarla alla morte. 

Basta superare i punti di non ritorno - noti a chi studia il suo sistema dinamico complesso fatto di clima specie vegetali ed animali, geologia - che si innescano cicli che si auto-rinforzano e portano migliaia di kmq di foreste ed habitat per migliaia di specie a diventare una savana.

Francesco P.

PS: Il nuovo volano per lo sviluppo industriale del Sannio. Ognuno aggiunge il suo.

mercoledì 31 marzo 2021

La transizione tecnologica: inversione di obiettivi con strumenti

Premessa
Questo qui di seguito è un mio commento all'articolo di Luca Martinelli apparso oggi su Il Manifesto e che ho ritenuto opportuno riportare nel nostro blog anzichè sotto al post facebook dove lo ha condiviso, causa lunghezza.
Luca posso dire di conoscerlo un pò di persona. l'ho incontrato in un paio di occasioni, a Benevento a parlare di acqua pubblica, poi in occasione di una fiera di "Fà la cosa giusta", oltre che de visu abbiamo scambiato qualche battuta sui social e, cosa che credo altrettanto importante, l'ho apprezzato nei suoi libri sul consumo di suolo e sul tema dell'acqua oltre che per il suo costante impegno giornalistico, anche di inchiesta, sulle tematiche ambientali.
Gli faccio i complimenti per la prima pagina de Il Manifesto (il suo debutto in "prima" ?), ma credo sia più utile cogliere l'occasione per discutere della sostanza dell'articolo, in cui Luca ha riportato i concetti e le posizioni espressi da Legambiente in uno dei vari incontri che questa associazione ha avuto con il ministro Cingolani. E' un incontro a cui non ho assistito ma ho avuto modo di leggere il PNRR redatto da Legambiente, oggetto dell'incontro, ed ho anche colto un leitmotiv, una dinamica ricorrente in altri documenti ed incontri col ministro che temo possano segnare il percorso e che riporto di seguito nel mio commento.

Transizione ecologica ?
Ho notato che negli incontri, nelle audizioni, e nei documenti dedicati alla transizione ecologica, del ministro Cingolani come delle associazioni ambientaliste da lui prese in considerazione, non si fa che menzionare sistematicamente impianti, opere, tecnologie ed infrastrutture, ma non c'è mai alcun riferimento agli indicatori ecologici che considerano di interesse, che rappresentano lo stato ecologico attuale e che andrebbero monitorati lungo tutto il percorso per arrivare allo stato ecologico, esplicitato e promesso, di approdo della transizione ?  
Va respinto subito ed in anticipo l'argomento secondo cui il ministro ha un incarico a tempo limitato per cui non gli si può chiedere o imputare più di tanto: un PNRR così imponente, forse una tantum, con conseguenze che possono essere imponenti sia nell'una che nell'altra direzione, va gestito con la massima attenzione.

Non andrebbero messi in primo piano gli indicatori biofisici in forte sofferenza come il tasso di alterazione di stato dei suoli, dei cicli chimici naturali (azoto, fosforo), di dispersione di inquinanti sintetici (pesticidi, diserbanti, fanghi, rifiuti, emissioni e scarichi  domestici ed industriali), di emissione di climalteranti, di riduzione di habitat e di ecosistemi (biodiversità) ed altro ancora in prossimità dei tipping points come evidenziato con urgenza dagli scienziati ? Non sono queste sostanzialmente le variabili indipendenti di una transizione ecologica ?

Si parla di strumenti ma mai esplicitamente degli obiettivi ecologici misurabili, di un piano altrettanto esplicito, e che sarebbe anche ben finanziato (forse è anche questo un dettaglio da non trascurare, per la chiave di lettura). 

Eppure gli ecologi, gli scienziati per eccellenza che dovrebbero supervisionare una transizione ecologica, avrebbero il know how per farlo, ma noi abbiamo un tecnologo a decidere ed associazioni allineate ad essere consultate.

Cosa comporta ed a cosa è dovuto questo approccio che inverte gli strumenti con gli obiettivi ? Di fatto si rifugge dalla complessità di tenere insieme gli indicatori della biosfera in crisi che sono maledettamente intrecciati e correlati tra loro, inoltre quegli stessi strumenti individuati e ripetutamente menzionati dagli attori di cui sopra giocano purtroppo un ruolo importante a loro volta con la loro stessa impronta ecologica misurata lungo tutto il ciclo di vita. Del resto perchè anche laddove ci sono presunte forti coscienze ecologiche (es. Paesi del Nord Europa), ed in cui molte di quelle soluzioni sono avanti, le impronte sono da 2,3,4 pianeti e perchè proliferano i report (ce ne sono anche di istituzionali, ormai) che mettono in discussione e negano la fattibilità delle crescite verdi ?

Un inciso: ho notato che al più nel mainstream (ministeri, stampa di grande diffusione, associazioni ambientaliste prese in considerazione per consulenze) si accenna ai climalteranti (alla CO2) - che si evitano con l'uso o adozione (non lungo tutto il ciclo di vita) di una determinata trecnologia - prestandosi questi ultimi forse meglio al gioco della verniciata verde da fonti rinnovabili, il replacement WWS (Wind, Water, Solar) a saldi di produzione ed utilizzo energetico invariati in una situazione in cui anche ad energia ecologicamente gratis la biosfera comunque collasserebbe.

Resta il favore comunicativo dell'accettabilità della maggioranza, provando ad illuderci con l'efficacia di cambiamenti tutto sommato in linea col business as usual in cui si invocano miracoli tecnologici ed in cui il tema della crescita dei consumi, elefante nella stanza, resta un tabù. D'altronde finanziare con centinaia di miliardi un PNRR, in un contesto votato alla crescita, può avere pochi margini di scelta in quanto a scenari possibili di sbocco e quello più probabile resta quello che in tanti esperti, anche nel passato, hanno considerato lastricato d'oro ma nella direzione sbagliata.
Un refrain che infatti è quasi cinquantennale, ma con il non trascurabile dettaglio di trovarci ora in uno stato della biosfera complessivamente ai limiti, come riconosciuto dagli ecologi.


Limiti planetari al 2015 di Rockstrom, Steffen et al

Francesco P.

PS. Da campano non mi è sfuggito questo par. del PNRR di Legambiente. Ancora energia da rifiuti, ancora riferimenti a bioenergie. Ma come si può parlare di circolarità, così ?

"Transizione energetica.
In Campania si produce il 44% di elettricità da rinnovabili.
Affinché si realizzino gli obiettivi del primo PEAR (Programma Energetico Ambientale Regionale) c’è bisogno di risorse adeguate,altrimenti si trasformerebbe in un libro dei sogni. La transizione energetica campana passa attraverso più settori: per le bioenergie a partire da rifiuti, agricoltura e zootecnia attraverso impianti di digestione anaerobica per produrre biometano e compost di qualità; [...] per le aree interne [...] promuovendo la realizzazione di progetti di agrivoltaico per incentivare lo sviluppo locale attraverso la multifunzionalità dell’agricoltura. [...]"


lunedì 15 febbraio 2021

Prevenzione rifiuti vs bioplastiche da tecno-ministro

Alcuni esperti incaricati dall'associazione dei comuni virtuosi (ACV) hanno presentato un documento di proposte articolate per la riduzione dei rifiuti.
La riduzione può essere una questione di come, un pò meno di quando, sicuramente non di se. 

Intanto abbiamo un superministro della transizione ecologica entusiasta delle tecnologie bio-usa-e-getta e questo è un fatto, ha dei brevetti in materia.
Poi vediamo se si vogliono spendere centinaia di miliardi per far decrescere i consumi di materia ed energia anche con il contributo di un piano di prevenzione rifiuti. Ne dubito.

Un estratto dal documento di sintesi dell' ACV:
"Tra i principali obiettivi che le politiche nazionali e regionali in materia di prevenzione dei rifiuti dovrebbero perseguire, coerentemente con quanto previsto dal citato art. 180 del D.lgs 152/2006 e più in generale con il “nuovo” paradigma dell’economia circolare, si evidenziano in particolare:

-Favorire la transizione dal monouso verso sistemi basati sull’utilizzo di prodotti riutilizzabili;

-Favorire la riparazione, la condivisione e lo scambio di beni usati;

-Favorire lo sviluppo, la nascita e il consolidamento di modelli di business ispirati al modello “Product as a service – Paas” (prodotto come servizio), in modo tale da incoraggiare la progettazione, la fabbricazione e l’uso di prodotti efficienti sotto il profilo delle risorse, durevoli, scomponibili, riparabili, riutilizzabili e aggiornabili nonché l’utilizzo di materiali ottenuti dai rifiuti nella loro produzione;

-Ridurre gli sprechi, anche attraverso il recupero a fini sociali dei prodotti (alimentari e non) in eccedenza sul mercato o con caratteristiche non idonee ad essere immessi sul mercato;

-Rafforzare il ruolo della prevenzione e del riuso all’interno dei regimi di responsabilità estesa del produttore, in particolare definendo un quadro di riferimento normativo che consenta di utilizzare quota parte delle risorse derivanti dal contributo ambientale per il sostegno di iniziative di riduzione dei rifiuti alla fonte e per favorire la transizione dal monouso al riutilizzabile;

-Favorire la trasformazione culturale, formando, comunicando e sensibilizzando sulla reale portata del cambiamento necessario e sugli strumenti a disposizione;"


Per approfondire seguite questo link che contiene anche il documento finale presentato al Ministero dell' Ambiente

Temo che non sia tempo perso valutare il nuovo ministro alla Transizione ecologica considerando anche quanto riportato in questo documento dell IIT in cui sono elencati i brevetti dell'Istituto di cui Cingolani all'epoca era Direttore Scientifico, relativi al packaging biodegradabile.
Non riesco ad immaginare una politica della riduzione del packaging e dell'usa e getta come una delle priorità assolute nella gestione dei rifiuti, da parte di questo governo con queste premesse...
Di seguito un estratto dall'executive summary dello stesso documento di cui sopra che esalta la transizione di Coca Cola al PlantBottle*. Ma il vuoto a rendere che fine fa ?

"#1 Trend: Bio or Plant-based Plastics despite of falling crude oil price We’ll realize that our lives will not come to a standstill if petroleum-based plastics were to disappear from the market. Plant-based plastics or bioplastics are poised to play a greater role in packaging and will play an even greater role in shaping consumer attitudes towards brands. An example is given by big brand companies such as Coca-Cola, which, as of June 2014, sold over 25 billion of its PlantBottle™ packages in about 40 countries. The company claims this has translated into 525,000 barrels of oil being saved."

*PlantBottle, testo preso dal sito http://www.plantbottle.info/chit/confezione/base.shtml:
"La differenza principale tra una confezione PlantBottle™ e una bottiglia tradizionale in plastica PET consiste nel fatto che per la produzione di una percentuale importante della PlantBottle™, al posto dei materiali di origine fossile, vengono utilizzati materiali fino al 30% costituiti da materie prime rinnovabili"