giovedì 23 agosto 2018

Ponti, edlizia, crescita: Riflessione pre-politica

Premessa
Questo post vorrebbe essere una riflessione prepolitica, ben consapevole del fatto che risultera’ fascinoso e trendy come un paracarro arrugginito oppure come un discorso sui limiti fisici imposti all’uomo, che spinge verso crescite con tasso composto, “esponenziali” - della popolazione, dei consumi pro-capite, di nuove tecnologie resource intensive -, da parte del pianeta che non le regge o meglio le regge ma non necessariamente con evoluzioni ed esiti che potranno essere piacevoli per l’uomo stesso...ma sento il bisogno di scriverlo ugualmente
--- Abbiamo “decine di migliaia” di ponti in scadenza naturale (considerando come fattore limitante il calcestruzzo armato) in Italia, a detta del dir. del CNR (1) e molti sono stati per di piu’ progettati con stime di traffico a quanto pare non accurate (il traffico e’ cresciuto esponenzialmente negli ultimi 60 anni, in maniera tutto sommato imprevedibile negli anni 50-60). A questi, perche’ accomunati nel mio ragionamento, aggiungiamo tutte le altre strutture (edifici di ogni genere) ed infrastrutture che necessitano di manutenzione o che vanno introdotte per attenuare i rischi legati ai sismi ed al famigerato dissesto idrogeologico. Tra pubblico e privato, con questa o quell'altra amministrazione di questo o quell’altro livello, tutto quanto sopra andrebbe gestito con nuovo uso di: energia, sabbia di grado edilizio, ghiaia, cave, acciaio, plastica (secondo PlasticsEurope (2), l’associazione europea dei produttori di plastica, all’ edilizia e’ destinato il 20% della plastica totale usata in Europa, seconda solo al packaging) oltre a dover far fronte a costi economici che sono valutati (dal Consiglio Naz.le degli ingegneri) in piu’ di un centinaio di mld di eur (una ventina di mld di eur per i soli “ponti” secondo una stima sempre del dir. del CNR, A. Occhiuzzi) (1).
Le risorse materiali utilizzate in edilizia - a causa della gestione dell’intero ciclo di vita degli elementi dell’elenco di cui sopra emergono crisi con frequenza quasi settimanale in Italia - sono anch’esse limitate (ancor più di quelle finanziarie, che si sa non rispettano le leggi della natura se non nel lungo termine) e la natura sostanzialmente estrattiva e lineare della filiera delle costruzioni crea danni irreversibili ad interi sistemi in tutto il loro percorso, dalla culla alla tomba, danni tanto piu’ gravi quanto piu’ si sale di livello nella difficolta’ di estrazione dei materiali stessi ad essa necessari (quanto piu’ “si sale in altezza per raccogliere i frutti dell’albero”). In varie aree del mondo, proprio per far fronte al problema “esaurimento” risorse per l’edilizia (siamo agli ultimi pioli della scala ?), si è messa in atto una ricerca affannosa (3) di alternative ai materiali tradizionali adottati, e questo principalmente a causa dell’ intensificarsi delle estrazioni che servono per far fronte alla costruzione di case e strade la cui domanda e’ cresciuta esponenzialmente (anch’essa..., ma non e’ un caso) negli ultimi decenni, specialmente in alcuni paesi asiatici, arrecando notevoli danni a fiumi, laghi ed altri sistemi piu’ o meno naturali in varie zone del mondo. Riferendoci alla sola sabbia e’ il caso di leggere, il motivo lo suggerisce il titolo, il rapporto delle Nazioni Unite “Sand, rarer than one thinks” del 2014 (4a)(trad.: “Sabbia, piu’ rara di quanto si immagini”) citato e commentato nell’articolo in italiano de Il Post (4b) e che raccoglie una serie di risultati e dati di studi relativi ai problemi nell’uso e nella “produzione” della sabbia per le attivita’ umane. Alcuni estratti del rapporto ONU, tradotti dall’inglese: - “[...] Una stima conservativa del consumo mondiale di aggregati (sabbia e ghiaia, fondamentalmente, ndt) per l’edilizia supera i 40 mld di tonnellate l’anno. Che e’ il doppio del sedimento annuo trasportato da tutti i fiumi del mondo [...]” - “[...] La domanda continua a crescere con le nuove infrastrutture e con la manutenzione dell’esistente (strade, ponti (sic !!!), dighe, case) [...]“. -”[...] La domanda di cemento della Cina e’ cresciuta esponenzialmente del 437.5% in 20 anni, mentre nel resto del mondo e’ cresciuta del 59.8 %” Nelle conclusioni: - “[...] Il loro uso (di sabbia e ghiaia, ndt) eccede di gran lunga il tasso di rinnovo naturale (che e’ fittizio anch’esso, ndt). Gli effetti negativi sull’ambiente sono inequivocabili e riguardano il mondo intero. Il problema ora e’ talmente serio che l’esistenza degli ecosistemi fluviali e’ minacciato in varie zone del mondo [...]”. (Commento a margine: vabbe’ anche all’ONU hanno problemi con questi decrescitisti...) La ricerca di nuove soluzioni “tecnologiche” per i materiali dell’edilizia, comunque, nel caso di un qualche successo, forse sposterebbe solo il problema nel tempo, rendendolo magari più complicato ed acuto da gestire quando si raggiungeranno i nuovi termini di scadenza dettati dai limiti delle eventuali nuove tecnologie in adozione. A questo proposito, consiglio la lettura dell’articolo di U.Bardi (5) nel paragrafetto in cui accenna (per gli approfondimenti seguire i riferimenti biblio) alla relazione tra il c.d. dirupo di Seneca - secondo cui “il declino è più rapido della crescita”- e le tecnologie, anche quelle che migliorano l’efficienza, in un sistema a risorse limitate, ma votato alla crescita illimitata (a proposito di illimitatezza, avete notato quante volte appare il termine “esponenziale” nel post ?) dei consumi. Ci sono, poi, in tanti in giro - uno di questi l'ho linkato in fondo (6) - che riscuotono molto successo in questi giorni, con migliaia di condivisioni sui social, e che dicono che i disastri accadono perchè ci si oppone alla realizzazione di nuove infrastrutture, perchè si resiste al progresso ed allo sviluppo.
In un sistema con risorse limitate, su un territorio che per di piu’ i geologi si ostinano a descrivere come piu’ fragile, mediamente, della quasi totalita’ delle altre regioni europee e frequentemente soggetto a eventi critici acuti (alluvioni, frane, valanghe e sismi), sarebbe da capire quanto sia “contro il progresso” ed “anti-scientifico” mirare al consolidamento dell'esistente che sarebbe gia’, nelle condizioni attuali, un obiettivo che andrebbe forse oltre i limiti del raggiungibile, se preso seriamente, piuttosto che giocare al rialzo con nuove grandi infrastrutture le quali, oltre a complicare ulteriormente il sistema delle manutenzioni, sottrarrebbero ulteriore spazio ad un altro bene fondamentale e non rinnovabile come il suolo. P.S.: Mentre scrivevo questo post, non mi ero accorto che il prof. Bardi aveva gia’ parlato del tema delle infrastrutture in un articolo, sottolineando in maniera efficace il rapporto con l’economia della crescita e dei limiti, e quindi la natura strutturale (e non episodica) del problema manutenzione/nuove costruzioni. Ne consiglio la lettura dato che riporta altri spunti, in aggiunta a quelli di semplice buon senso del mio post, seguendo questo link (1)https://www.cnr.it/it/nota-stampa/n-8247/direttore-cnr-itc-sul-viadotto-morandi-di-genova (2) https://www.plasticseurope.org/application/files/5515/1689/9220/2014plastics_the_facts_PubFeb2015.pdf (3)http://www.ingegneri.info/news/innovazione-e-tecnologia/nuovi-materiali-per-ledilizia-due-tipologie-di-sabbia-artificiale/ (4a)https://na.unep.net/geas/archive/pdfs/GEAS_Mar2014_Sand_Mining.pdf (4b)https://www.ilpost.it/2017/05/30/sabbia-rara/ (5)https://ugobardi.blogspot.com/2011/09/effetto-seneca-perche-il-declino-e-piu.html
(6)https://www.corriere.it/editoriali/18_agosto_14/genova-crolla-ponte-morandi-paese-che-diffida-progresso-1507b3be-9ff6-11e8-9437-bcf7bbd7366b.shtml

-Francesco Pascale

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