Il Consiglio dei Ministri ha approvato il 9 settembre 2009, delle “modifiche” all’articolo 23 bis della Legge 133/2008, che accelerano la privatizzazione dei servizi pubblici locali. Una decisione presa senza informare i cittadini ecoinvolgere i Comuni, e senza nessuna forte reazione da parte di partiti di opposizione, sindacati o stampa, tranne pochissime eccezioni.
I pochi margini lasciati alle amministrazionilocali dalla legge del parlamento dell'Agosto 2008, come la possibilità di mantenere la gestione in house dei servizi fondamentali come l'acqua, vengono ulteriormente ridotti. L’ 133 art. 23 bis già rappresentava un duro colpo per la gestione pubblica, introducendo l'obbligo della gara el'ingresso dei privati, ma permetteva ancora ai comuni, anche se con difficoltà, di optare per una gestione del servizio “in house”, cioè mediante società per azioni pubbliche.
Il decreto-legge recentemente approvato fa invece saltare queste salvaguardie entro il 2011, e fa un passo in più, stabilisce che anche nell'affidamento tramite gara a società miste la quota dipartecipazione del pubblico non può superare il 40% e, nelle società quotate già esistenti, la quota di partecipazione deve scendere al di sotto del 30% entro il 2012. Le gestioni “in house” in sostanza sono SPA interamente nelle mani dei comuni consorziati, sulle quali i comuni stessi possono comunque esercitare una certa vigilanza. La gestione in house è riconosciuta dalla normativa Europea, tanto è vero che la Francia ed il Comune di Parigi, che pure devono rispettare le direttive europee, la stanno perseguendo in un ottica di vera ri-pubblicizzazione. La Spagna e la Germania la stanno applicando in alcune grandi città ed è tuttora adottata dal Belgio, dall'Olanda, dal Lussemburgo, nonché da 64 ATO italiani, 61 dei quali hanno passato il vaglio dell'authority, compresi quelli di Milano Città e Provincia. Le gestioni in house sonostate una mediazione onorevole e temporanea per il movimento dell'acqua, che con 400.000 firme di sottoscrizione e una legge di iniziativa popolare chiedeva la piena ripubblicizzazione del servizio idrico. Il decreto che porta la firma Fitto-Calderoli, invece, realizzando un nuovo accordo con la Lega, e dando una nuova immagine degli intrecci politico – affaristici tra Lega ePDL, determina la fine delle gestioni “in house”, e fa crollare l'ultimo bastione di “resistenza”eretto dai comuni e dalle province, il che comporta la totale mercificazione dell'acqua nel nostro paese. Per il 2011 sarà invece obbligatorio mettere a gara l’intero Servizio idriconazionale e già adesso si può prevedere da chi saranno vinte le gare: ACEA – Iride, Enia, Hera -A2A, dentro alle quali Suez e Veolia saranno i padroni veri dell’acqua con Caltagirone, le banche, etc.
La partecipazione dei cittadini alle decisioni sui beni comuni, la democrazia, ...resteranno le parole di chi come noi ci crede sempre ma, troppo spesso, deve cedere alle logiche speculative del mercato. Capita con sempre maggiore frequenza di essere traditi da una politica che usa le nostre battaglie solo per proprio tornaconto. La vicenda della Campania è esemplare. Una giunta di centro-sinistra che privatizza l’acqua. Privatizzazione bloccata dal movimento perl ’acqua pubblica ma mai avversata o scongiurata dagli amministratori, se non, a parole, dal solito assessore rifondino che sta al potere ma vuole l’appoggio dei movimenti come l’assessore Realfonzo, assessore esterno del comune di Napoli. Per evitare le critiche alla sua partecipazione alla nuova giunta Iervolino, aveva subito dichiarato che si sarebbe battuto per la ripubblicizzazione dell’acqua. Ed ha continuato ad affermarlo fino ad ora, quando finalmente ha trovato il coraggio di ammettere che non c’è una reale volontà politica nel Comune e nella Regione di ripubblicizzare l’acqua. Ecco perché nessuno si indigna per la decisione del Consiglio dei Ministri! Sia le amministrazioni di centro-destra che quelle di centro-sinistra, con precisi atti amministrativi, continuano nell’azione di privatizzazione dell’acqua.
L’acqua fonte di vita diventa merce, e verrà quindi consegnata a S.p.A. controllate dalle multinazionali, così come è stata loro consegnata la gestione dei rifiuti.
Decidendo secondo questa logica sull’acqua, sui rifiuti ed altri servizi pubblici, decidono dei nostri territori e delle nostre vite lasciando campo libero alle speculazioni, i cui effetti già conosciamo (vedi gestione rifiuti in Campania, caso Acqualatina, ecc.), e non certo con il fine della pubblica utilità e del controllo democratico. Come padroni - venditori della nostra acqua, queste multinazionali avranno in pugno anche il potere locale, su cui ancora, a volte, si riesce ad incidere in qualche modo.
Ma Noi non sentiamo affatto il bisogno di consegnare altre subdole armi di ricatto che possano minare il nostro diritto alla partecipazione democratica alle decisioni sul nostro territorio! E' un decreto chiaramente incostituzionale e come tale deve essere impugnato dagli enti locali. La parola, e soprattutto la protesta, tocca ai movimenti, ma i giornalisti liberi, gli uomini dicultura, i Sindacati si esprimano, una buona volta, e si oppongano a questa nuova vittoria della legge del mercato e del profitto. Oggi l’acqua è il bene supremo per antonomasia che andrà sempre più scarseggiando, sia per i cambiamenti climatici, sia per l’incremento demografico. Quella della privatizzazione dell’acqua è una scelta politica gravissima che sarà pagata a caro prezzo dalle classi deboli di questo paese e dai poveri di tutto il mondo.
E’ insopportabile che le multinazionali vogliano fare profitti su un bene comune fondamentale, ed è illegittimo ed inaccettabile che la politica rinunci al suo primato nel difendere un diritto inalienabile dell’umanità.
Chiediamo ai sindaci e alle istituzioni locali di indignarsi e di lottare insieme al movimento in difesa dell’acqua come bene comune per fermare o modificare il decreto. I comuni e le regioni si attivino immediatamente per cambiare statuti locali e leggi regionali affinché siaffermi nelle delibere che l’acqua è un bene pubblico privo di interesse economico. E’ l’unico modo per fermare un decreto vergognoso che porterà alla negazione di diritti fondamentali di tutti noi.
I pochi margini lasciati alle amministrazionilocali dalla legge del parlamento dell'Agosto 2008, come la possibilità di mantenere la gestione in house dei servizi fondamentali come l'acqua, vengono ulteriormente ridotti. L’ 133 art. 23 bis già rappresentava un duro colpo per la gestione pubblica, introducendo l'obbligo della gara el'ingresso dei privati, ma permetteva ancora ai comuni, anche se con difficoltà, di optare per una gestione del servizio “in house”, cioè mediante società per azioni pubbliche.
Il decreto-legge recentemente approvato fa invece saltare queste salvaguardie entro il 2011, e fa un passo in più, stabilisce che anche nell'affidamento tramite gara a società miste la quota dipartecipazione del pubblico non può superare il 40% e, nelle società quotate già esistenti, la quota di partecipazione deve scendere al di sotto del 30% entro il 2012. Le gestioni “in house” in sostanza sono SPA interamente nelle mani dei comuni consorziati, sulle quali i comuni stessi possono comunque esercitare una certa vigilanza. La gestione in house è riconosciuta dalla normativa Europea, tanto è vero che la Francia ed il Comune di Parigi, che pure devono rispettare le direttive europee, la stanno perseguendo in un ottica di vera ri-pubblicizzazione. La Spagna e la Germania la stanno applicando in alcune grandi città ed è tuttora adottata dal Belgio, dall'Olanda, dal Lussemburgo, nonché da 64 ATO italiani, 61 dei quali hanno passato il vaglio dell'authority, compresi quelli di Milano Città e Provincia. Le gestioni in house sonostate una mediazione onorevole e temporanea per il movimento dell'acqua, che con 400.000 firme di sottoscrizione e una legge di iniziativa popolare chiedeva la piena ripubblicizzazione del servizio idrico. Il decreto che porta la firma Fitto-Calderoli, invece, realizzando un nuovo accordo con la Lega, e dando una nuova immagine degli intrecci politico – affaristici tra Lega ePDL, determina la fine delle gestioni “in house”, e fa crollare l'ultimo bastione di “resistenza”eretto dai comuni e dalle province, il che comporta la totale mercificazione dell'acqua nel nostro paese. Per il 2011 sarà invece obbligatorio mettere a gara l’intero Servizio idriconazionale e già adesso si può prevedere da chi saranno vinte le gare: ACEA – Iride, Enia, Hera -A2A, dentro alle quali Suez e Veolia saranno i padroni veri dell’acqua con Caltagirone, le banche, etc.
La partecipazione dei cittadini alle decisioni sui beni comuni, la democrazia, ...resteranno le parole di chi come noi ci crede sempre ma, troppo spesso, deve cedere alle logiche speculative del mercato. Capita con sempre maggiore frequenza di essere traditi da una politica che usa le nostre battaglie solo per proprio tornaconto. La vicenda della Campania è esemplare. Una giunta di centro-sinistra che privatizza l’acqua. Privatizzazione bloccata dal movimento perl ’acqua pubblica ma mai avversata o scongiurata dagli amministratori, se non, a parole, dal solito assessore rifondino che sta al potere ma vuole l’appoggio dei movimenti come l’assessore Realfonzo, assessore esterno del comune di Napoli. Per evitare le critiche alla sua partecipazione alla nuova giunta Iervolino, aveva subito dichiarato che si sarebbe battuto per la ripubblicizzazione dell’acqua. Ed ha continuato ad affermarlo fino ad ora, quando finalmente ha trovato il coraggio di ammettere che non c’è una reale volontà politica nel Comune e nella Regione di ripubblicizzare l’acqua. Ecco perché nessuno si indigna per la decisione del Consiglio dei Ministri! Sia le amministrazioni di centro-destra che quelle di centro-sinistra, con precisi atti amministrativi, continuano nell’azione di privatizzazione dell’acqua.
L’acqua fonte di vita diventa merce, e verrà quindi consegnata a S.p.A. controllate dalle multinazionali, così come è stata loro consegnata la gestione dei rifiuti.
Decidendo secondo questa logica sull’acqua, sui rifiuti ed altri servizi pubblici, decidono dei nostri territori e delle nostre vite lasciando campo libero alle speculazioni, i cui effetti già conosciamo (vedi gestione rifiuti in Campania, caso Acqualatina, ecc.), e non certo con il fine della pubblica utilità e del controllo democratico. Come padroni - venditori della nostra acqua, queste multinazionali avranno in pugno anche il potere locale, su cui ancora, a volte, si riesce ad incidere in qualche modo.
Ma Noi non sentiamo affatto il bisogno di consegnare altre subdole armi di ricatto che possano minare il nostro diritto alla partecipazione democratica alle decisioni sul nostro territorio! E' un decreto chiaramente incostituzionale e come tale deve essere impugnato dagli enti locali. La parola, e soprattutto la protesta, tocca ai movimenti, ma i giornalisti liberi, gli uomini dicultura, i Sindacati si esprimano, una buona volta, e si oppongano a questa nuova vittoria della legge del mercato e del profitto. Oggi l’acqua è il bene supremo per antonomasia che andrà sempre più scarseggiando, sia per i cambiamenti climatici, sia per l’incremento demografico. Quella della privatizzazione dell’acqua è una scelta politica gravissima che sarà pagata a caro prezzo dalle classi deboli di questo paese e dai poveri di tutto il mondo.
E’ insopportabile che le multinazionali vogliano fare profitti su un bene comune fondamentale, ed è illegittimo ed inaccettabile che la politica rinunci al suo primato nel difendere un diritto inalienabile dell’umanità.
Chiediamo ai sindaci e alle istituzioni locali di indignarsi e di lottare insieme al movimento in difesa dell’acqua come bene comune per fermare o modificare il decreto. I comuni e le regioni si attivino immediatamente per cambiare statuti locali e leggi regionali affinché siaffermi nelle delibere che l’acqua è un bene pubblico privo di interesse economico. E’ l’unico modo per fermare un decreto vergognoso che porterà alla negazione di diritti fondamentali di tutti noi.
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