domenica 12 aprile 2009

Economia locale: spunti di riflessione

L'economia e la qualità della vita del nostro territorio sono invischiate ed affette, apparentemente in maniera incurabile, dalla sindrome da “cane che si morde la coda” o se si preferisce da un circolo vizioso. Mi si dirà, che scoperta, che banalità. Non importa, non credo faccia male rivedere la crisi alla luce delle nostre condizioni di vita locali, perennemente in difficoltà a prescindere dai trend mondiali.
I nostri ragazzi, le nostre migliori potenzialità (spesso con laurea), sono costretti ad accettare di lavorare per stipendi mensili da 7-800 euro, con paghe orarie che raggiungono i 5-6 euro all'ora, impegnando le proprie capacità ed intelligenze per fare il commesso in un supermercato o a rispondere ad un telefono in un call-center o a fare lunghi tirocini mal pagati, magari dovendo far ricorso anche al politico di turno per poter accedere a queste ormai ambite “posizioni”. Non intendo andare oltre andando a sindacare sul “cui prodest” di questa situazione, esula dagli argomenti trattati da questo ragionamento ad alta voce.
In queste condizioni è chiaro che la possibilità di “realizzarsi” (termine che ho tirato fuori dal mio vecchio vocabolario delle scuole medie), o di portare un valore aggiunto qualificato alla comunità di cui è parte, è pressoché nulla. Per di più, coi pochi soldi di cui il nostro giovane (o più in generale il nostro conterraneo) dispone, quali bisogni e quali attenzione potrebbe avere se non verso la propria sopravvivenza (vedi livello più basso della piramide dei bisogni di Maslow )? Come potrà impiegare la propria retribuzione se non al più per acquistare beni di primissima necessità, magari senza nemmeno poter porre troppa attenzione alla qualità offerta?
Figurarsi se potrà pensare, come i suoi consimili della Germania o del Nord Italia, ad una casa, magari con tutti i crismi dell' anti-sismica, della bio-architettura, bio-edilizia, coi pannelli fotovoltaici o col riciclo idrico... Quanto impegno ed entusiasmo potrà avere nel combattere contro un inceneritore o per far sì che funzioni virtuosamente la filiera dei rifiuti? Quanto gliene può fregare di una biblioteca o del teatro ?
Tutto ciò cosa comporta?
Proviamo a mettere in fila queste riflessioni:
lavoro poco soddisfacente e poco qualificato → basse retribuzioni → acquisto di beni strettamente fisiologici e poco qualificati (livelli più bassi della piramide di Maslow) → servizi offerti e attività dal basso valore aggiunto in termini di qualità della vita → lavoro poco qualificato → basse retribuzioni → ….
Ecco, il cane che si morde la coda, per l’appunto, e l’attuale congiuntura economica negativa non fa altro che accentuare tale corto-circuito, favorendo ancora di più lo sfruttamento del lavoro.
Ebbene, compito della politica, a tutti i livelli, a partire da quello più prossimo a noi, vale a dire dall'amministrazione locale è di interrompere questo circolo vizioso: deve generare o favorire il salto su un nuovo ciclo e farne da volano (volano, non “padrino”).
E forse proprio la crisi economica può essere un’opportunità di cambiamento.
Riporto, per semplicità, tre esempi basati sul concetto di “economia verde”, come possibili spunti di innesco e come volano:
1. Favorire opportunamente gli investimenti (non spese o consumi), peraltro già incentivati a livello nazionale, nel settore dell'edilizia di qualità, ristrutturazioni o costruzioni ex-novo di case o immobili secondo canoni che permettono il risparmio energetico, o, meglio, l’autonomia - casa passiva, se non addirittura la produzione in eccesso da immettere in rete.

2. Favorire la formazione di punti della filiera per il trattamento dei rifiuti locali nella direzione del riciclo o del riuso, ripristinandoli come materia prima secondaria da rivendere.

3. Favorire l'agricoltura sostenibile, di qualità e salubre con le opportune infrastrutture materiali ed immateriali necessarie a generare la filiera corta e la vendita diretta (ma anche fattorie didattiche, orti sociali, Gruppi di Acquisto Solidali, ecc).

Per non parlare dell'economia indotta.

Questi tre punti cosa hanno in comune?
Necessitano tutti di nuove competenze qualificate e stimolanti, danno la possibilità di reddito nuovo, rompono la dipendenza da grandi circuiti (commerciali o pseudo-industriali) che desertificano i nostri territori, preparano il terreno alla nascita di nuove imprese od attività e ultimo ma non meno importante sono utili a migliorare la qualità della nostra vita.
Proviamo a rileggere il ciclo sulla base degli spunti appena proposti:
formazione di tecnici e professionalità, sensibilizzazione, stimoli culturali ed incentivi alla popolazione locale → consumi (1) di più alto livello con impatto benefico e virtuoso sul territorio → creazione di reddito e valore aggiunto → crescita sostenibile, qualità della vita e servizi offerti adeguati alla nuova sensibilità → lavoro qualificato e soddisfacente → consumi di più alto livello...
Questi spunti, peraltro provano a rispondere anche a domande del tipo:
Ma questi lavori servono alla comunità? Ma questi lavori portano benefici agli individui e crescita diffusa? Avranno un minimo di durata (soluzione di lungo periodo) o saranno effimeri?
Domande e, forse, risposte anche banali, ma proviamo, a puro scopo esemplificativo, a riflettere sulle ricette anti-crisi proposte a livello nazionale (e non solo).
Un esempio su tutti: l'incentivazione del settore delle auto. Ma i consumatori (stavolta nella loro accezione originaria) hanno DAVVERO bisogno di una nuova auto (ammesso e non concesso che riescano a “mantenerla”), reduci come sono da anni di incentivi alla rottamazione? La nostra comunità ha davvero come bisogno prioritario un'auto nuova piuttosto che “vecchia” di pochi anni? Siamo sicuri che sia una risposta “strutturale” alla crisi?
E' vero, anche il più convinto degli anti- “consumo_per_il_consumo” sarebbe tentato, visti i prezzi così bassi. Ma siamo sicuri che la politica non stia semplicemente perseguendo un “principio”, anzi un “detto”, tanto deriso dai nostri nonni quanto attualmente poco comprensibile, vale a dire “chi scava e riegn' nun perd mai tiemp” (trad. lett.: “chi scava (buchi) per poi riempirli non perde mai tempo”) ?
Cioè metto i soldi per incentivare il lavoro nel settore delle auto (con la foglia di fico ecologica) anche se in questa fase le nuove auto non servono ai cittadini tanto quanto le bonifiche dei territori intossicati, quanto la ricerca e lo sviluppo di una nuova economia reale e virtuosa, quanto la ristrutturazione delle scuole, quanto...

(1) Il termine “consumo” non va qui inteso secondo la sua accezione originaria di deterioramento , spesso irreversible, delle risorse, ma nel senso di acquisti e investimenti virtuosi.

Francesco Pascale




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