giovedì 9 aprile 2009

Per una comunità a legame forte.

In questi giorni di tragedia per l’ultimo terremoto che ha colpito l’Abruzzo, riflettevo su quello che periodicamente emerge, spesso purtroppo sollecitato da situazioni drammatiche: quando una comunità è sconvolta da un dolore lacerante, si ritrova più unita; il mettere in comune il dolore dà la forza per sopportarlo insieme, per contenerlo, e le divisioni restano sullo sfondo, sembrano tutt’a un tratto prive di senso, futili e inutili.
Questa partecipazione profonda e spontanea l’abbiamo conosciuta varie volte, in diverse occasioni, anche nella nostra comunità, nel corso di eventi pregnanti emotivamente, in cui abbiamo condiviso tutti uno stesso, intenso, vissuto. In quei momenti in particolare, mi sono guardata intorno e mi ritrovavo “parte di”, mi sentivo legata alle persone vicine, anche se non di tutte conoscevo il nome: mi rispecchiavo nella loro presenza, nella loro compostezza, nel sentire che a loro volta anch’essi c’erano tutti, col corpo, col cuore, con la mente.
Nei momenti di dolore le lacrime ci aiutano a vedere più chiaro.
Tornati alla consueta quotidianità, ognuno sembra rintanarsi dentro di sé e nella propria fretta, negli impegni più disparati, e all’improvviso non c’è posto per nient’altro: quel legame forte che si sentiva, magari fino al giorno prima, svanisce, si annacqua, di disperde tra i mille rivoli di una routine che alla fine sfibra le energie.
Una comunità a legame forte, quale secondo me è la nostra, ha in sé tutte le capacità per essere solidale non solo nei momenti drammatici.
Il legame forte può e deve estrinsecarsi soprattutto nella convinzione che restiamo comunità anche se come singoli abbiamo idee differenti.
Il legame forte ci deve sostenere quando sembra che tali differenze siano insormontabili, e quando rischiano di portarci a rotture non più riparabili. In quei casi deve e può subentrare l’etica del bene comune.
I nostri figli vanno a scuola insieme, giocano a pallone, si incontrano per strada, si innamorano, e a loro non interessa se i genitori si arroccano su posizioni antagoniste.
Per loro e per quanti hanno scelto questa terra per stabilire la loro famiglia, pur provenendo da paesi lontani, noi dobbiamo sempre avere in mente il bene comune e declinarlo fattivamente giorno per giorno.
Il legame forte ci può aiutare ad ascoltare i bisogni che emergono da un confronto leale e rispettoso. Quando le persone sono realmente in contatto con il proprio intimo essere, riscoprono se stesse, ri-diventano autentiche, e spesso emerge un genuino amore per la propria terra, pur se nascosto talora da atteggiamenti copiati e da frasi sentite: ”tanto qua non cambia niente, me ne vorrei andare, non contiamo, non c’è niente da fare, è tutto inutile”.
Il legame forte di una comunità è sempre esposto a mille sabotaggi, a chi non crede nella possibilità di un miglioramento e di una crescita.
E’ necessario capire ciò che ci accomuna, e rispettare e accogliere e apprendere dalle differenze.
Come cittadini di una comunità a legame forte possiamo essere sempre più consapevoli di ciò che serve, di ciò che è buono, di ciò che è giusto fare. Ecco perché dobbiamo incontrarci, dialogare senza scoraggiarci e senza intimorirci.
Dobbiamo imparare a fare comunità.
Ognuno può e deve dire la sua opinione senza temere di venire denigrato, schernito o ridicolizzato. I mezzi del confronto e del dialogo che aderiscono alla non violenza, non mancano mai di rispetto alla persona dell’altro. Il confronto veramente democratico si attua sulle opinioni, sulle posizioni, e mai scivola nell’attacco all’identità dell’altro.
Dobbiamo esercitarci nel comunicare in maniera efficace, nell’esprimere anche il dissenso pacatamente ma fermamente. E trovo sia importante abituarci a discutere sui temi che più ci stanno a cuore, magari incontrandoci periodicamente in assemblee, trovare insieme e condividere un metodo in cui a tutti sia possibile esprimere il proprio parere.
Una comunità a legame forte che diventi anche competente e fattiva è un obiettivo, non è il punto di partenza.
Una comunità competente è capace di riconoscere i propri bisogni, le proprie diversità, le proprie esigenze, mobilitando e impiegando le risorse necessarie per soddisfarli.
Una comunità competente prende coscienza degli elementi che generano difficoltà e crisi al proprio interno e cerca di avviare un confronto per individuare le strategie più idonee alla soluzione dei problemi che via via emergono.
Non è certo facile, ma non è nemmeno un’utopia.
Seneca diceva: “Non osiamo perché le cose sono difficili. Le cose sono difficili perché non osiamo”.

Carmela Longo

1 commento:

  1. Situazioni drammatiche come quelle che stanno vivendo le popolazioni colpite dal terremoto hanno portato te ed un pò tutti noi ad un momento di riflessione importante su quanto finora fatto, quotidianamente. E' solo in queste occasioni, ahinoi, che si ha la forza di fermarsi un poco e immaginare come tanti attimi della nostra vita potevano e potrebbero essere vissuti diversamente. L'immedisimarsi di ognuno di noi in questa tragedia dovrebbe essere lo stimolo per una condivisione di momenti collettivi che ci si propongono nel vissuto quotidiano.
    Tutti dovremmo cercare prima di tutto, in noi stessi, l'accettazione di una propria unicità e valorizzarla in modo tale che dall'incontro con l'altro possa nascere un momento di arricchimento reciproco.
    E' inutile, è tempo sottratto alla vita, seguire un modello unico da imitare ed a cui omologarsi; dobbiamo stimolare innanzitutto i nostri figli alla consapevolezza di una propria peculiare identità per farla mettere, poi, al servizio di se stessi e della comunità di cui fanno parte. Solo se si riconoscono le differenze di ciascuno come un valore e non come un limite , solo mettendosi in gioco e creando, quando non sono date, le occasioni di confronto, allora le "diversità" personali potranno divenire un'esigenza di vita, il valore e la ricchezza stessa di una comunità.

    Concetta

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